lunedì 28 luglio 2014

Appello in difesa di bellezza e decoro di Galatina - "Lo ‘scempio urbanistico’ e la ‘profanazione per interessi privati’ della più bella piazza della città". Le vergogne di Piazza Alighieri e Piazzale Stazione




Piazza S. Pietro parla’ è il titolo di un bell’ articolo, scritto nel 2011 da don Aldo Santoro per il mensile ‘…in Dialogo’ e da lui recentemente riproposto, sia mediante lo stesso foglio che con la pubblicazione sul giornale on line ‘galatina.it’ del 24 luglio u. s., nell’intento di rinsaldare la considerazione e l’amore dei galatinesi per la più bella piazza della propria Città. Secondo l’autore chi entra in piazza S. Pietro da una qualunque delle sei vie d’accesso si sente “…accolto da un caloroso abbraccio”, avverte che essa dolcemente gli parla “…con la maestosità dello spazio, la ricchezza dell’architettura, la solennità della facciata della Chiesa Madre” ed acquista la certezza che il popolo di Galatina “… trova in piazza S. Pietro e nella Chiesa Madre la sua identità … (e) non può fare a meno di questo spazio… sacro”.

Affermazioni queste condivisibili, che certamente ben si sarebbero accordate con i sentimenti nutriti da amministratori e progettisti, che a fine ‘800 realizzarono detta piazza, meritando il  plauso dei nostri antenati.
Gli stessi, effettuando successivamente l’espansione verso ovest dell’abitato cittadino, collegarono mediante un viale rettilineo la stessa piazza S. Pietro ad un altro grande spazio (divenuto poi ‘piazza Fortunato Cesari’), costruendo al di là di quest’ultimo l’Edificio Scolastico Elementare, in asse  con la Chiesa Madre.
Quindi piazza S. Pietro, così ben descritta da don Aldo Santoro, è il primo fondamentale elemento di un eccellente piano urbanistico finalizzato alla creazione del ‘salotto buono’ di Galatina.
A partire dal secondo dopoguerra non sono mancati i tentativi tendenti  ad apportare modifiche a detto piano. Per esempio:

a) tra il 1956 e il 1957 a piazza Fortunato Cesari, che fino allora era stata un campo libero, utilizzato anche per partite di calcio, fu data l’attuale sistemazione a giardino pubblico;
b) alla fine degli anni cinquanta del secolo scorso in mezzo a piazza S. Pietro fu creata una rotonda con al centro un alto grande lampione, entrambi rimossi dopo pochi anni;
c) alla fine del ‘900 fu  realizzato l’arredo urbano di piazza S. Pietro con grandi fioriere quadrate, sedili rettangolari e tante enormi sfere, il tutto in calcestruzzo bianco;
d) dopo il 2000 gli elementi di arredo di cui in c) furono dispersi per la città e rimpiazzati con enormi fioriere in ferro, dotate di sedili in legno, che dopo breve tempo furono anch’esse trasferite in altri spazi cittadini;
e) infine, da quando è stato introdotto il divieto di fumare nei pubblici esercizi, ad ogni BAR di piazza S. Pietro, è stato consentito e si consente tuttora di avere all’esterno del proprio locale un ampio recinto, in genere circondato da piante, il quale talvolta delimita un chiosco in ferro, chiosco che in un caso ha addirittura una superficie di circa cinquanta metri quadrati ed è arredato come un grande salotto.

Dei cinque interventi sopra riportati solo quello indicato in a), effettuato dall’Amministrazione presieduta dal sindaco Pietro Gaballo, è stato un vero e proprio contributo al completamento del piano urbanistico originario.

Gli interventi indicati nei punti b), c) e d)  sono stati veri e propri sprechi di denaro pubblico, che sarebbe interessante sapere se sono stati causati o da persone ingenue o da individui in mala fede, i quali in ogni caso non possono essere considerati buoni amministratori.
Quanto esposto nel punto e) non comporta spese per il Comune, perché trattasi della concessione di suolo pubblico a privati, che sono tenuti a pagare una particolare annualità.

Tuttavia, così facendo, sono stati prodotti uno ‘scempio urbanistico’ e la ‘profanazione per interessi privati’ della più bella piazza di Galatina. Fatti questi che fanno rivoltare nella tomba amministratori e  progettisti che tra fine ‘800 e inizio ‘900 crearono il ‘salotto buono’ della Città. 
Non meno riprovevole è  la ‘profanazione’ dovuta al frequente uso della stessa piazza per  ogni genere di manifestazioni richiedenti un palco piccolo o grande, il quale viene regolarmente addossato ai gradini del sagrato della Chiesa Madre, la cui bellissima facciata barocca viene “umiliata” a far da sfondo a sfilate di moda, a manifestazioni canore e ad ogni altro tipo di  spettacoli.

E’ inammissibile che, mentre a partire dal secondo dopoguerra lo spazio urbano di Galatina è stato costantemente ampliato, nessuna delle tante amministrazioni comunali che si sono succedute si sia posto il problema della realizzazione di un grande spiazzo adatto ad ospitare tutte le manifestazioni cittadine, riservando piazza S. Pietro al godimento dei pedoni, sia galatinesi che turisti. Questi ultimi sempre più numerosi giungono da noi, ed estasiati si fermano ad ammirare le nostre bellezze architettoniche. 

E che dire del decoro di piazza Alighieri (e quindi della Città), che da  anni viene gravemente “offeso” dalla presenza dei “ruderi” di un distributore di benzina disattivato, che su trova sul marciapiede del lato est, in prossimità della Farmacia Sabato e della fermata degli autobus di linea?
Si tratta dei resti arrugginiti di una cabina metallica e di una vaschetta in cemento, contenente acqua piovana resa putrida da occasionali rifiuti, che giornalmente vengono “ammirati” da tutti, particolarmente dai clienti della vicina farmacia e dai numerosi viaggiatori in arrivo o in partenza.
E il decoro è offeso anche sul lato ovest della stessa piazza, dove un enorme chiosco con sedili e tavoli fissi, ospita gli avventori che, stando comodamente seduti si nutrono di prodotti di rosticceria e di smog prodotto dalle ininterrotte schiere di auto che vi transitano accanto. In questo caso il problema oltre che urbanistico è anche igienico-sanitario.

E che dire del piazzale della stazione ferroviaria, dove un altro distributore di carburante, inattivo da anni, posto nell’angolo sud-ovest, offende il decoro della Città in una zona  d’intenso traffico, contribuendo a rendere inagibile quella parte di giardino pubblico? Ma le spese per la rimozione dei suddetti impianti obsoleti non sono a carico di chi li posseduti?  Si faccia allora ciò che è necessario per salvaguardare il decoro di Galatina.

Pietro Congedo

domenica 20 luglio 2014

Giustiniano Gorgoni, il gentiluomo che salvò il Ginnasio Convitto “Pietro Colonna” di Galatina



Michele Montinari intorno al 1895, da alunno di prima elementare, conobbe  “…un vecchietto vestito di nero, con un soprabito pure nero e il bastone dal pomo dorato…” e  “…dal conversare lento e dimesso… ”, il quale spesso  ispezionava la scuola. Egli comprese poi che quel distinto gentiluomo era il Sopraintendente all’istruzione di Galatina,  cioè l’avvocato Giustiniano Gorgoni. Questi, nato a Galatina il 24 agosto 1825 dall’avvocato Filippo Gorgoni e da Rosina Calò, apparteneva ad un’illustre famiglia, che fra gli altri aveva espresso un prelato Agostino Tommaso Gorgoni (1712 – 1790), vescovo di Castro, e un sindaco,  Francesco Gorgoni (fratello dell’avv. Filippo), primo cittadino di Galatina dal 1827 al 1830.
Non si sa se Giustiniano Gorgoni abbia esercitato l’avvocatura, tuttavia egli si autodefinisce ‘avvocato’ nel frontespizio della propria opera principale, il “Vocabolario agronomico…”, e come ‘avvocato’ o ‘legale’ è  inserito negli elenchi dei componenti il Consiglio Comunale.
Ma non mancano autori che in maniera impropria  lo hanno considerato ‘agronomo’.
Egli partecipò attivamente alla redazione del quindicinale RIFORMA, legato al movimento risorgimentale e  pubblicato a Lecce dal gennaio 1862 all’aprile 1863.
Il 27 maggio 1861, nella prima consultazione per l’elezione del Consiglio Provinciale Giustiniano Gorgoni riportò 92 voti su 210 votanti, ma fu eletto Nicola Bardoscia che aveva ottenuto 112 voti. Questa sconfitta non lo scoraggiò e, ricandidatosi più volte, nella tornata del 21 luglio 1881 divenne finalmente consigliere provinciale con 214 voti, insieme all’altro candidato, Antonio Carrozzini che aveva riportato 170 voti.

Intanto  con il rinnovo del Consiglio Comunale (C.C.), avvenuto il 3 marzo 1876, egli era entrato a farne parte  e il successivo 22 settembre 1877 venne nominato Assessore. In questa carica fu poi  riconfermato a partire dal 9 ottobre 1878, ottenendo la delega alla Pubblica Istruzione. Proprio in questo periodo Giustiniano Gorgoni entrò nella storia del Ginnasio Convitto “P. Colonna”.
L’Amministrazione Comunale di Galatina, che, dopo l’uscita di scena degli Scolopi era la sola responsabile della gestione di detto Istituto, non riusciva a contenerne la inarrestabile decadenza, iniziata dopo la morte del direttore-rettore Sebastiano Serrao (1870), ex scolopio. In particolare il Convitto, chiuso per l’a.s. 1876-77, non venne riaperto nel successivo a.s. 1877- 78, mentre gli iscritti alle cinque classi del Ginnasio, che complessivamente erano 25 nel 1877-78, scesero addirittura a 22 nel 1879-80.

Questo stato di cose era fra l’altro determinato dalla mancanza di continuità didattica nell’insegnamento, dovuta alla grande difficoltà a trovare docenti “patentati” ed  al mancato pareggiamento dell’Istituto, per cui gli alunni dovevano sostenere annualmente presso un istituto governativo gli esami per il passaggio alla classe successiva.

Nella seduta del C.C. che ebbe luogo l’11 aprile 1878 andò in discussione la riapertura del Convitto e Giustiniano Gorgoni in un appassionato intervento ne sostenne la necessità, enumerando i vantaggi che si sarebbero ottenuti e concluse dichiarando: “…il Ginnasio non potrà aver vita e fiorire se non apre il venturo anno scolastico unitamente al Convitto”.
Egli in altra occasione espresse lo stesso concetto dicendo: “… il Ginnasio non può sussistere senza il Convitto …(che) è come il piantonaio (ovvero il vivaio – N.d.A.) in cui l’agricoltore alleva gli alberetti che poi traspone nei suoi campi…”
Ma per riaprire il Convitto era indispensabile un cospicuo contributo del Comune, disapprovato dalla Deputazione  Provinciale, la quale peraltro riteneva che il Convitto fosse un privilegio riservato alle famiglie agiate.

I rilievi dell’organo di controllo alle spese comunali furono discussi in C.C. il 19 marzo 1879 e Giustiniano Gorgoni, partendo dal principio che “…l’istruzione ginnasiale o deve apprestarsi completa o è meglio si sopprima affatto…”, propose l’alienazione dei beni posseduti dal Ginnasio in Paesi del Capo di Leuca, motivandola nel modo seguente: mentre “…la rendita delle proprietà stabili nel giro di un decennio si (era) per ogni dove pressoché raddoppiata…”, invece era rimasta stazionaria fra le sette e le ottomila lire, “…quella che si (ritraeva) dal patrimonio delle Scuole…”, poiché questo era prevalentemente costituito da beni che, non potendo essere bene amministrati perché lontani da Galatina, erano soggetti al degrado o addirittura improduttivi. Dalla loro vendita all’asta si poteva invece ricavare una somma che, investita in Rendita Pubblica, avrebbe potuto dare un utile netto di circa sedicimila lire, la quale avrebbe consentito alle Scuole di reggersi con i mezzi propri, senza aver bisogno di sussidi del Comune.

Nella seduta del successivo 3 aprile 1879  la suddetta proposta fu approvata a larga maggioranza e fu anche discusso ed accolto l’o.d.g., presentato dal medesimo Giustiniano Gorgoni, che dava facoltà al Sindaco e alla Giunta d’iniziare presso le Autorità Scolastiche le pratiche necessarie per il pareggio del Ginnasio di Galatina alle Scuole Governative. Nella  presentazione dello stesso o.d.g. il Nostro aveva fra l’altro sostenuto che detto pareggio:
-          fosse “… un beneficio che lo Stato (accordava) al Comune, il quale senza rinunziare alla pienezza dei suoi diritti, metteva le Scuole sotto la protezione del Governo”, assicurando così “… al Ginnasio una vita più serena e più lunga, sottraendolo alle oscillazioni, alle quali potrebbe trascinarlo il variare delle amministrazioni locali…”;
-          avrebbe permesso di contare sull’aiuto delle Autorità scolastiche per la ricerca di professori, per la composizione di controversie ecc.;
-          avrebbe richiamato un maggior numero di alunni sia mediante “…il commodo di subire gli esami presso le scuola ove si studia” sia  col diritto di ottenere sussidi distribuiti  dallo Stato ad incremento dell’Istruzione.

Il 14 maggio 1882  il dare a censo (censuazione) zone del giardino del Ginnasio per la costruzione di abitazioni private, che secondo il sindaco Giacomo Viva avrebbe fruttato almeno 1200 lire, laddove l’affitto rendeva appena 300, non incontrò il favore del Consiglio, il quale  approvò invece l’alienazione degli stessi suoli edificatori, proposta da Giustiniano Gorgoni. Questi sosteneva che la censuazione avrebbe creato difficoltà non solo a causa della riscossione periodica dei canoni, ma soprattutto perché un eventuale mancato rinnovo periodico di titoli, dovuto a trascuratezza, avrebbe comportato la perdita degli stessi; invece, optando per la vendita ed investendo il ricavato in Rendita Pubblica, si sarebbe ottenuto tranquillamente e senza rischi un reddito pari a quello della censuazione.

Per effetto dei sopra esposti provvedimenti, consigliati dal Nostro, ed approvati sia dal C.C. che dalla Deputazione Povinciale, le Scuole di Galatina non ebbero più problemi economici ed ottennero il pareggiamento alle Scuole governative con il D.M. 21 gennaio 1881. Inoltre sotto la guida del direttore-rettore Sac. Carlo Tarentini, assunto nel dicembre 1883 su segnalazione del Provveditore agli Studi Rebecchini, mentre nel 1883-84 si erano già avuti 55 alunni di ginnasio, di cui 16 in convitto, nel 1889-90 si ebbero 108 studenti, di cui 38 convittori.   
Nell’Amministrazione Municipale Giustiniano Gorgoni oltre ad avere la delega per la Pubblica Istruzione era anche Assessore al Bilancio e come tale fu molto impegnato a riequilibrare la disastrosa situazione delle finanze comunali.

Per esempio,  al fine di avere approvato dalla Deputazione Provinciale il bilancio di previsione per l’esercizio 1879, riuscì a far accettare al C.C. la diminuzione delle spese per l’illuminazione pubblica, la riduzione degli stipendi agli impiegati comunali, il ridimensionamento dell’assistenza pubblica e l’aumento dell’addizionale sui tributi diretti di focatico, bestiame, esercizi e rivendite.        

Nella tornata dell’8 ottobre 1881 egli propose al C.C. una riforma ‘rivoluzionaria’ del sistema tributario comunale, consistente nell’introduzione a partire dal 1882 della “tassa unica di famiglia” in sostituzione delle tante imposte in vigore, rimanendo inalterata la previsione d’entrata. Tale proposta venne approvata prima dal Consiglio e poi dalla Deputazione Provinciale, la quale stabilì per detta tassa un minimo di £ 3 ed un massimo di £ 300.

Giustiniano Gorgoni prendeva anche parte attiva alla vita politica ed amministrativa di Cutrofiano, nel cui territorio aveva numerose proprietà. In particolare egli sostenne l’inizitiva popolare tendente ad onorare con una lapide la memoria di ‘Vincenzo Colì’, morto a Dogali il 26 gennaio 1887. Infatti scrisse l’epigrafe da incidere sul marmo e tenne un discorso il 30 ottobre 1887 in occasione della cerimonia commemorativa, rivelandosi molto critico nel confronti della politica coloniale del Governo Crispi.

E’ del 1858 la pubblicazione  del suo opuscolo “L’Oidium Tuckeri e lo zolfo ossia le malattie della vigna ed i mezzi per combatterle”, con il quale intendeva combattere pregiudizi e diffidenze e far accettare ai viticoltori un moderno sistema di prevenzione e cura di malattie della vite.

Nel 1896 dalla Tipografia Editrice Salentina F.lli Spacciante di Lecce venne pubblicata la maggiore opera di Giustiniano Gorgoni, il cui titolo completo è: “Vocabolario agronomico con la scelta di voci di arti e mestieri attinenti all’agricoltura e col raffronto delle parole e dei modi di dire del dialetto della provincia di Lecce”. E’ evidente che non si tratta di un libro di ‘scienza agraria’. Con esso il Nostro intese offrire a tutti coloro che devono espletare pratiche agricole e ai giovani i significati esatti delle parole nel loro uso corrente nel mondo contadino, in modo da poter parlare e scrivere conoscendo il significato delle parole, l’uso degli attrezzi e di quant’altro attiene all’agricoltura.

Il 17 luglio 1897 il nuovo C.C. con 25 voti su 25 votanti elesse: sindaco il dott. Mario Micheli,  assessori effettivi Antonio Vallone, Giustiniano Gorgoni, Raffaele Torricelli, Lucrezio Luigi e  assessori supplenti Alessandro Bardoscia e Ruggero Consenti.
Il Nostro all’età di 72 anni tornò dunque in Consiglio ed anche in Giunta, ma con delega diversa da quelle avute in precedenza.

Nel Palazzo, sito in Galatina – via Cavour n. 14, nel quale Egli abitava, ci sono alcune epigrafi[1] che in un certo senso rispecchiano il suo modo di pensare.
Giustiniano Gorgoni morì il 10 marzo 1902 e il sindaco Micheli nel dargli l’ultimo addio ricordò fra l’altro che:

- “Tra i suoi ideali tenne il primo posto la diffusione della cultura fra la gioventù che Egli si sforzò di rendere studiosa, sia che con l’esempio di abnegazione rarissima gratuitamente insegnasse lingua e letteratura francese nel nostro Istituto, sia che si dedicasse alla pubblicazione del suo pregiato dizionario inteso a diffondere la lingua fra le classi agricole!
 - “La sua aspirazione più viva fu il benessere materiale e civile della sua patria, e a tale scopo nelle pubbliche amministrazioni di cui fece parte, la sua voce indicò sempre quale era la via da tenere!
Lo stesso Sindaco concluse dicendo: “Oh amico! Per volgere di tempo non si cancellerà giammai dal nostro pensiero la tua figura virtuosa e gentile, e tu col tuo spirito eletto sarai sempre fra noi ad ispirarci, coll’esempio della tua vita, il forte amore pel miglioramento della patria nostra!
Pietro Congedo

[1] Entrando nell’atrio di Palazzo Gorgoni,  si vede di fronte un affresco con l’immagine di un cane e l’iscrizione CAVE CANEM (attento al cane). Salendo la doppia rampa della bellissima scalinata, si giunge al belvedere del 1° piano sul quale si affacciano tre porte-finestre, i cui architravi presentano altrettante iscrizioni. La prima: USU NON DOMINIO (per l’uso, non per il dominio). La seconda: QUIS QUIS PER MARE VEL PER TERRAS QUESITAS AURUM / TULLUSERIT CELICUM  MALE  LINQUIT OPES (chiunque cercando per mare e per terra l’oro lascia malamente dietro di sé la ricchezza). La terza: FORMOSE ASPECTUS  MULIERIS DEMONIS ARCUS / QUEM MISSA FERIT  DITA SAGITTA VIROS (il bell’aspetto di una donna è l’arco del demonio, dal quale è lanciata la freccia che colpisce gli uomini). [ V. Manni, Natolo, Romano e Stomeo, GUIDA EPIGRAFICA DI GALATINA, GALATINA, 2001, pp. 71-72 ].

domenica 13 luglio 2014

Il polittico veneziano conservato nel museo di Lecce attribuito alla bottega di Alvise Vivarini



Mi sono occupato nel 2008, anche se non direttamente, del polittico veneziano attribuito alla bottega di Alvise Vivarini (Venezia 1445 –  ivi 1505), quando ho scritto per ‘il Titano’ del 26 giugno l’articolo intitolato “Dal Sacro Monte di Pietà al Monte dei Pegni Congedo”, e qualche perplessità mi è sorta leggendo ora a p.12 de ‘il Titano’ del 26 giugno 2014 l’articolo di Angela Beccarisi, intitolato “Il polittico di Santa Caterina d’Alessandria”.
Nel corso di ricerche effettuate appunto nel 2008 ho rinvenuto nell’Archivio dell’Ospedale di Galatina (A.O.G.) un manoscritto del ‘600, intitolato “Inventario dei beni stabili, che possiede il Sacro ed Ecclesiastico Monte di Pietà…”, il quale, oltre a notizie che consentirebbero di anticipare al 1562 la data di fondazione del ‘Monte’ (da sempre fissata al 1569), contiene (in allegato) anche copia del testamento fatto il 24 dicembre 1579 dal galatinese Orazio Vernaleone di Domizio, che si ritirò nell’Abbazia di Camaldoli, prendendo l’abito religioso di quella Comunità col nome di ‘fra Mauro’. Questi donò al Monte di Pietà di Galatina:
  • la propria casa, sita al primo piano dello stabile che era “nella strada pubblica della Piazza” (attualmente corso Vittorio Emanuele – angolo vico del Monte), la quale divenne subito sede dello stesso ‘Monte’;
  • quattro botteghe ed un magazzino al pianoterra dello stesso stabile;
  • tre uliveti che complessivamente avevano n. 714 alberi d’ulivo.
Però innanzitutto egli dispose che nel ‘cortile’ di quella che era stata la sua abitazione si costruisse una “Cappella…, che, onoratamente finita in tutte quante le cose che si richiedono al culto,…fosse dedicata al glorioso nome di Gesù e della sua SS. Madre Maria… .”
Tale diposizione fu poi pienamente rispettata.
A detta ‘Cappella ’ (che ancora esiste, sebbene murata) si accedeva attraverso l’attuale “corte del Monte”, retrostante quello che è oggi il palazzo Gaballo di corso Vittorio Emanuele nn. 19, 21 e 23. La stessa fu in seguito dedicata alla Madonna di Costantinopoli e adornata anche col Polittico della bottega di Alvise Vivarini, verosimilmente proveniente dall’ex casa di Orazio Vernaleone di Domizio, diventato fra Mauro. 
Dopo oltre due secoli e mezzo il Monte di Pietà funzionava con difficoltà e ricorreva all’alienazione di antiche proprietà. Perciò nel 1833 il Ministero degli Affari Interni del Governo Borbonico, su proposta del Consiglio Generale degli Ospizi della Provincia di Terra d’Otranto, autorizzò la Commissione di Beneficenza di Terra d’Otranto ad assegnare all’Orfanotrofio ‘Madonna della Purità’ di Galatina “…i superi delle rendite del Monte di Pietà…, con l’obbligo di adempiere ai carichi essenziali dello Stabilimento”.
Fu in questa fase che detto Polittico fu dato in custodia ai Frati Minori Francescani di Chiesa e Convento S. Caterina d’Alessandria in Galatina, affinché non rimanesse incustodito nella Cappella che per secoli era stata la sua sede.
Tuttavia dopo appena 33 anni, per effetto delle norme eversive emanate dal Governo sabaudo, di cui al R.D. 7 luglio 1866, furono soppressi tutti i Conventi, perciò i Frati Minori il successivo 31 dicembre  dovettero abbandonare quella che per secoli era stata la loro casa.
In seguito per decisione della Cassa Ecclesiastica sia la Chiesa che il Convento S. Caterina furono devoluti al Comune di Galatina, il quale, mentre confermò l’apertura al culto della prima, sistemò nel secondo la caserma dei Carabinieri e il carcere giudiziario.
Quindi il nostro Polittico ancora una volta rimaneva incustodito, sia pure in una grande chiesa.  Non deve dunque stupire se il Sindaco pro-tempore, Giuseppe Galluccio, non essendoci ancora un museo in Galatina,  responsabilmente decise di donare l’opera al Museo Provinciale, sorto a Lecce per iniziativa di Sigismondo Castromediano.
Da quanto sopra esposto risulta evidente che è impossibile attribuire la proprietà del più volte citato Polittico del XV secolo alla Chiesa di S. Caterina, nella quale  lo stesso è stato per poco più di tre decenni e soltanto per sopravvenute necessità di conservazione.
E’ inopportuno dunque qualunque rimpianto, perché un’opera d’arte tanto preziosa non sarebbe stata al sicuro neppure in una chiesa costantemente aperta al culto, mentre lo è certamente nel Museo di Lecce.
Comunque le soprariportate considerazioni sono state fatte al solo scopo di rendere noto il documentato succedersi degli ambienti in cui nei secoli è stato “ospitato” il Polittico in questione. Tuttavia le stesse, mio malgrado, potrebbero aver reso inopportune alcune affermazioni del sopraccitato articolo, come le seguenti:
  •  “…Sicuramente il polittico dovette introdurre elementi pittorici nuovi nell’ambito della decorazione della chiesa di S. Caterina d’Alessandria di Galatina. …”;
  • “… Il polittico dovette costituire un elemento di novità e di grande impatto visivo allorché giunse nella chiesa di Galatina. Sarebbe interessante ed utile riproporre dal vivo questo confronto”. 
Pertanto ben venga ogni confronto tra esperti, che ritengo utilissimo, per l’approfondimento della conoscenza dei nostri tesori d’arte.
Pietro Congedo

lunedì 7 luglio 2014

Galatina è ancora città?


In un articolo apparso nella prima pagina de ‘il galatino’, n. 1/17.01.2014, fra l’altro si legge testualmente: “…La Galatina della fine degli anni Sessanta,…, era un paese agricolo che voleva diventare città, ed anche città egemone su un circondario piuttosto depresso; oggi è una cittadina che ha mantenuto la sua vocazione agricola, ha anche un’industria, un florido commercio, un terziario avanzato; e tuttavia Galatina è diventata periferia di altri centri, rimorchio di altri locomotori, supporto di altri interessi. … .”

I galatinesi che sono nati fra le due guerre mondiali e sono poi vissuti sia nel mitico ventennio ’50–’60 del secolo scorso sia nei decenni successivi, possono condividere  soltanto l’ultima delle sopra riportate affermazioni, cioè: “… Galatina è diventata periferia di altri centri…”.

Infatti la Galatina celebrata  dal Galateo nel ‘500 era un paese dal bel profilo urbanistico divenuto  grande emporio ortofrutticolo, in quanto situato in una valle amenissima nel centro (in umbilico) della penisola salentina. Tale centro in data 24 agosto 1792 ottenne il titolo di CITTA’ dal Re  di Napoli Ferdinando IV di  Borbone, al quale erano stati presentati (come per legge) tre esemplari del libro di Baldassare Papadia ‘MEMORIE  STORICHE  DELLA  CITTA’  DI  GALATINA  NELLA  JAPIGIA’.

I nostri antenati si sono mostrati veramente all’altezza di tanto riconoscimento, poiché lo sviluppo sia agricolo che industriale  di Galatina nel secolo XIX e nella prima metà del  XX è cresciuto in maniera esponenziale, specialmente a partire dagli ultimi decenni dell’800, quando per il  commercio fu possibile avvalersi della strada ferrata, inaugurata nel 1881 e gestita direttamente dalle Ferrovie dello Stato anche nella tratta Lecce – Zollino - Gallipoli.

Fu allora che alla miriade di palmenti per la lavorazione delle uve, sparsi per l’abitato, si  aggiunsero i grandi stabilimenti vinicoli costruiti nei pressi della Stazione ferroviaria di Galatina, tra cui quello imponente della S. A. Fratelli Folonari (all’epoca il più grande d’Europa), costruito su suolo donato dal Comune e poi acquistato dalla S.A. Distillerie Italiane [in seguito S.I.S.(Società Italiana Spiriti)], presso il quale, oltre a numerosi operai, lavoravano stabilmente anche diplomati e laureati.

Da detta Stazione partivano dunque, tra le due guerre e nell’immediato 2° dopoguerra, per varie destinazioni vagoni cisterna pieni di vino o di alcool e, in primavera, i carri ferroviari diretti in Germania carichi di patate sieglinde (dette appunto di Galatina), prodotte in grande quantità dagli agricoltori di Galatina e dintorni.

Della intensa attività ferroviaria di quei tempi una muta ma validissima testimonianza è offerta dai numerosi binari della stessa Stazione dei quali ormai da decenni è purtroppo utilizzato soltanto il primo, perché utile al modestissimo trasporto passeggeri effettuato dalle Ferrovie del Sud-Est.

Intorno al 1950 numerosi viticoltori, riuniti in cooperativa, costituirono la Cantina Sociale di Galatina in viale Ionio, a ridosso della ferrovia, che nel 1969 “lavorò” oltre 50.000 quintali di uve.

Intanto dopo la prima guerra mondiale anche a Noha, frazione di Galatina, per iniziativa di una  delle famiglie Galluccio era sorta un’industria, detta S.A.L.P.A. (Società Anonima per la Lavorazione di Prodotti Agricoli), che lavorava sia le uve che  altri prodotti dell’agricoltura: per esempio, con la lavorazione dalle mele cotogne vi si produceva ottima cotognata.

Proprio la S.A.L.P.A. in un certo periodo ha prodotto il “brandy Galluccio”.

Non bisogna dimenticare che le suddette industrie alimentari erano sorte accanto ad altre un tempo fiorenti, come quella della concia delle pelli, per la quale già nel 1855 esistevano 25 botteghe con un totale di 182 conciatori. Pellettieri famosi sono stati gli Antonaci, i Lisi, i Marrocco, i Sabella, i Siciliani e i Vallone. Intorno alla metà del secolo scorso lo stabilimento  dei Fratelli Marrocco con le sue  10 vasche,  modernamente attrezzate, era uno dei più importanti della Puglia. Più longevo di tutti è stato lo stabilimento Sabella di via Bianchini, la cui attività è cessata solo da qualche decennio.

Che dire poi dell’industria galatinese dei tabacchi Xanta Yakà, Perustitza ed Erzegovina, la quale  in n.16 concessioni speciali (dette comunemente “fabbriche”), nel solo  1938, arrivò a “lavorare” 50.000 quintali di prodotto con l’impiego soprattutto di donne, dette appunto tabacchine, per un totale di 350.000 giornate lavorative ?

L’elenco delle produzioni agricole e industriali galatinesi  potrebbe continuare anche se qualche autore ha affermato solennemente che il 1956 con l’entrata in funzione dello stabilimento della “Fedelcementi” è iniziata per Galatina l’era dell’industria moderna. In effetti, però, soprattutto a partire dalla seconda metà del ‘900, mentre si sviluppava il cementificio e sorgeva qualche nuova  industria si sono ridotte o addirittura sono cessate alcune produzioni sia agricole che industriali,      come per esempio:

-          la patata sieglinde per l’esportazione è attualmente prodotta non più a Galatina e dintorni, ma nei Comuni di Alliste e Racale, i cui amministratori si sono molto impegnati al fine di  ottenere per la stessa la denominazione di origine protetta (D.O.P.) col nome “patata sieglinde di Galatina”;

-          la produzione di uve a Galatina si è talmente ridotta che da molto tempo sono stati definitivamente chiusi gli stabilimenti vinicoli insieme alla distilleria della S.I.S., alla S.A.L.P.A. e alla Cantina Sociale Cooperativa, mentre i due moderni stabilimenti “Valle dell’Asso” e  “Santi Dimitri” vinificano solo le uve prodotte nei poderi degli stessi proprietari;

-          è cessata del tutto e definitivamente  sia la produzione che la lavorazione industriale dei tabacchi.

Tenendo presente la situazione sopra esposta, si deve concludere che rispetto al passato il bilancio economico di Galatina è  nettamente negativo sul piano produttivo e ancor di più su quello occupazionale.

Anche peggiore è la  situazione  per quanto riguarda l’assenza o l’improprio utilizzo, se non  addirittura la mancata prestazione di vari servizi, infatti:

-          ormai da molti decenni a Galatina sono stati soppressi l’Ufficio del Registro e quello delle Imposte dirette, “antenati” dell’Agenzia delle Entrate, ma, non avendo quest’ultima un’ufficio in Città, i galatinesi devono recarsi a Lecce o a Maglie per il disbrigo delle proprie pratiche fiscali;

-          fino a poco tempo fa c’era in Città sia il Tribunale che l’Ufficio del Giudice di Pace, ma il primo è stato soppresso per effetto del D.Lgs. 155/2012, mentre il secondo non si è potuto più avere, perché Galatina e gli altri Comuni cointeressati non hanno inteso accollarsi i relativi costi, ivi compresi quelli di supporto all’attività giurisdizionale, ai sensi del D.Lgs.156/2012; quindi i galatinesi devono recarsi a Lecce per ogni problema di carattere giudiziario, grande o piccolo che sia ;

-          il Quartiere Fieristico, mentre nell’ultimo biennio non è stato disponibile per la sua vera ragion d’essere, cioè l’annuale Fiera Campionaria, è stato, invece, utilizzato in maniera impropria, perversa e disgustosa dal 25 al 27 aprile 2014 per  “Erotica Salento, la tre-giorni dedicata all’adult entertainment che ha avuto come oggetto tutto quanto concerne lo show, l’intrattenimento e l’esposizione di merci e/o servizi connessi al glamour e al sexy”; l’evento è stato “…organizzato e promosso dall’Agenzia la Notte di  Daniele Ramires in perfetta sintonia con i vertici della Fiera del Salento …”, ma, mentre non è stato rilevato nessun cenno di protesta o di disappunto da parte del Comune, il Centro Salento Ambiente ha riscosso (giacché pecunia non olet!) migliaia di euro pagate per parcheggio-auto dai tanti aspiranti pornoattori nonché dalle numerosissime coppie di scambisti, che giorno e notte hanno affollato la zona per tre giornate;

-          attualmente a Galatina il commercio non sarebbe poi tanto florido, dal momento che il  supermercato Lidl ha recentemente cessato la propria attività, mentre sui commercianti galatinesi pende sempre come ‘spada di Damocle’, la possibile apertura del Mega Parco Commerciale Pantacom nei pressi di Collemeto.

Al sopraindicato articolo del 17.01.2014 ha fatto seguito uno di Tommaso Moscara (v. ‘il galatino’, n.2/ 31.01.2014), nel quale fra l’altro si legge: “… Galatina, come l’Italia, è ormai un paese da ricostruire. ….Per questo riteniamo che le pagine di questo quindicinale potrebbero servire per un  cambiamento culturale della nostra città. Pensiamo che da subito sia necessario l’impegno di tutti, partendo da validi spunti, per aprire utili discussioni propedeutiche alla ricostruzione della nostra città, del nostro futuro.”

Sono queste di Moscara opinioni pienamente condivisibili e nel 1° semestre dell’anno in corso hanno sollecitato molti ad esprimere la propria ‘idea di città’.

Molto bello a tal proposito è l’intervento del prof . Luigi Scorrano, il quale conclude affermando: “… Nella città costruita da uno di noi (o da ognuno) i cittadini dovrebbero avere…‘il senso che la città è una casa, una grande casa’ (v. Malaparte – N.d.A.) di tutti. Così dovremmo pensare quando pensiamo alla città, quella che tutti, ogni giorno, con la propria fatica, il proprio impegno, la propria partecipazione operosa costruiscono e dove tutti hanno una funzione, un impegno cui assolvere, una forma di collaborazione da mettere a disposizione di tutti. … . Una città pacifica ed operosa in cui tutti i cittadini concorrono ad erigere l’edificio delle virtù civiche, delle scelte condivise, della morale vissuta non come arcigno dettame di norme ma con la leggerezza distintiva che ci avvicina a tutto quello che amiamo. … .”(v. ‘il galatino’, n. 4/28.02.2014).

Il filosofo prof. Giovanni Invitto conclude la sua  interessante ‘idea di città’ sperando di “… vedere realizzato uno dei miti del filosofo Platone: la città ideale in cui ognuno aveva un ruolo e si sceglieva il governante sulla base della saggezza e della preparazione e non delle sue promesse…”. (v. ‘il galatino’, n. 5/14 marzo 2014).

Il grecista prof. Pietro Giannini ha espresso la sua ‘idea di città’ riproponendo il ritratto della città di Atene, che Pericle tracciò nel discorso che tenne in occasione dei funerali pubblici  per i caduti del primo anno della guerra del Peloponneso. Tuttavia precisa che tale ritratto, sebbene sia di una città reale, non si può escludere che abbia i caratteri di una proiezione ideale (v. ‘il galatino’, n.11/ 13 giugno 2014).  

Antonio Prete fa riferimento alla polis greca ed anche alla civitas romana e cristiana, le quali, però, avevano i loro recinti, le loro esclusioni, le loro emarginazioni. Invece, poiché oggi la vera città è il mondo, bisogna trovare intorno alla città “un equilibrio il più possibile armonioso tra storia e nuove presenze, tra stili propri e abitabilità, tra memoria e accoglienza, tra identità e differenza” (v. ‘il galatino’, n. 8/25 aprile 2014).       

Il letterato-scrittore Antonio Errico che nel suo singolare intervento fra l’altro afferma: “…mi viene da pensare che il Salento sia tutto una città, una sola città, perché le storie s’intrecciano, si rispecchiano, perché una sola è l’identità, una sola la storia da cui proveniamo, uno l’orizzonte verso cui stiamo andando. Allora ci penso ma un’idea di città non mi viene. Un sentimento sì. ….  Il sentimento d’essere a casa mia da Lecce in giù (v. ‘il galatino’, n. 6/28 marzo 2014).

Il giornalista – scrittore Lino De Matteis in un ben articolato “progetto per Galatina”, mentre evidenzia fra l’altro la centralità del luogo come residenza ideale per le vacanze e il suo essere ‘città d’arte’ con possibilità di divenire ‘città della cultura’ tout court, propone anche di rendere Galatina riconoscibile in un programma di marketing territoriale con l’ottenimento della D.O.P. per il pasticciotto, unito ad una rievocazione teatrale del “tarantismo” (v. ‘il galatino’, n. 7/2014).

Quest’ultima proposta era stata fatta con toni diversi da Carmine De Paolis (v. ‘il galatino’, n. 3/ 2014.

Infine affascinante è la “idea di città” presentata dal prof. Ferdinando Boero, nella quale fra l’altro si legge: “…Attorno alla mia città ideale ci deve essere tanta natura. … . Ma ci deve anche essere una agricoltura e una pesca che forniscano cibi e bevande di altissima qualità. Voglio mangiare e bere quel che si produce localmente. E voglio poter godere della natura circostante senza dover fare viaggi estenuanti. … . Voglio una citta dove i vecchi si possano muovere facilmente, magari su quei veicoli che sembrano una sedia col  motore. … . Abbiamo ereditato città bellissime dai nostri antenati… . Oggi stiamo rovinando questa realtà unica al mondo perché quella cultura si è persa. Ci aggiriamo in tesori che ci danno fastidio. .” (v. ‘il galatino’, n. 9/2014).

Sul piano pratico le sopra accennate ‘idee di città’, spesso pregevoli, non potrebbero purtroppo aiutare Galatina, “diventata periferia di altri centri, rimorchio di altri locomotori, supporto di altri interessi”, a riacquistare l’antico ruolo di città, in quanto non sarebbero in grado di avviare  quella “ricostruzione” invocata da Tommaso Moscara.

Pertanto sarebbe quanto mai opportuno sentire le opinioni di sociologi, di psicologi e soprattutto di economisti.

Pietro Congedo