sabato 30 gennaio 2016

La Commemorazione Ecumeica della Riforma Luterana

La cattedrale di Lund
In un articolo del sottoscritto, apparso il 31 dicembre u.s. sul quotidiano on line inondazioni.it (disponibile in questo blog alla data 12 gennaio 2016), è stato trattato il “Rinnovamento rinascimentale della Chiesa” che, purtroppo, all'epoca si concluse nel peggiore dei modi. Infatti papa Leone X, che aveva bandito in tutte le diocesi del mondo un’intensa campagna di vendita di indulgenze allo scopo di raccogliere i fondi necessari al rifacimento della Basilica di San Pietro, scomunicò il monaco agostiniano Martin Lutero che disapprovava detta vendita, appellandosi alla Sacra Scrittura, ed in particolare al versetto di San Paolo: 
“il giusto vivrà mediante la fede” (Rm 1, 16-17).
Principio questo che lo stesso San Paolo aveva anche formulato in maniera più esplicita affermando: “Quando però si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia, mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna.” (Lettera a Tito 3, 4-5).

La disapprovazione di Lutero del commercio di indulgenze si concretò nella “Disputatio pro declaratione virtutis indulgentiarum”(Discussione sulla dichiarazione del potere delle indulgenze), nota come “Le 95 tesi proposte alla pubblica discussione” inviate il 31 ottobre 1517 ai vescovi interessati, i quali non risposero. Perciò Lutero affisse il lungo elenco delle tesi tradotto in tedesco alla porta della chiesa del castello di Wittemberg, in vista di pubbliche assemblee, durante le quali egli le avrebbe dimostrate.

 Le “tesi” ebbero una larghissima popolarità; Lutero fu accusato di eresia e invitato a ritrattare. Non lo fece e solo la protezione del principe elettore di Sassonia, Federico il Saggio, gli consentì di evitare la pena di morte e di predicare la propria dottrina. Quindi sulla base della “giustificazione per sola fede” la Sacra Scrittura (suggellata dai sacramenti di battesimo ed eucaristia) divenne l’elemento fondamentale della Chiesa. Il principio d’autorità venne sostituito dal libero esame e dal principio della responsabilità del credente davanti a Dio e al prossimo. Venne inoltre eliminata la differenza tra clero e laicato nella Chiesa e affermato il sacerdozio universale dei credenti. Fu infine introdotta la distinzione tra potere civile ed ecclesiastico.

La Riforma venne sostenuta dalla maggioranza dei principi tedeschi, in quanto permetteva loro di non sottostare al potere della Chiesa.

Al contrario l’imperatore Carlo V d’Asburgo si oppose ad essa, schierandosi con il papa; il conflitto si concluse nel 1555 con la pace di Augusta, che sancì il principio “cuius regio, eius religio”[di chi (è) il territorio, di lui (sia) la religione]  che consentiva a ciascun principe di stabilire la confessione religiosa nel proprio principato.  

Così la popolazione dell’Europa si divise in cattolici e protestanti.

Intanto anche la Gran Bretagna si era già staccata da Roma nel 1534, in quanto il re Enrico VIII, sebbene precedentemente insignito dal papa dal titolo di “defensor fidei” per la sua lotta contro Lutero, a seguito di forti contrasti con lo stesso pontefice, aveva fatto approvare dal Parlamento lo “Act of Supremacy” con cui venne stabilito che “il Re è l’unico capo supremo della Chiesa d’Inghilterra”.

Il teologo francese Giovanni Calvino aderì alla Riforma, aggiungendo alla dottrina luterana la “teoria della predestinazione, secondo la quale alcuni sono per Grazia di Dio  destinati alla gloria eterna, mentre altri sono dannati”. Perciò incitava i suoi seguaci a cercare di scoprire a quale delle due categorie appartenessero, aggiungendo che i segni della Grazia divina spesso si manifestano in fatti concreti della vita, quali: la volontà di compiere il proprio dovere, l’eseguire bene il proprio lavoro ed il successo nel commercio o in campo finanziario.

Il calvinismo si diffuse soprattutto in Francia e in Inghilterra, da dove gli emigranti durante il XVII e XVIII secolo lo introdussero nelle colonie americane e perciò divenne un efficace elemento della formazione e della cultura degli Stati Uniti.  

Prevalentemente calvinisti sono i “valdesi”, cioè i discendenti dei seguaci di Pietro Valdo, ex mercante, che nel XII secolo aveva abbandonato tutti i suoi beni per predicare il Vangelo nella Diocesi di Lione, dov'era nato e operava. Cacciato poi dal Vescovo del luogo, cercò rifugio con i suoi seguaci in altre località più o meno vicine.
L’adesione dei valdesi alla Riforma avvenne nel 1532.
Ma essi a causa di sanguinose persecuzioni sopravvissero solo nelle valli del Piemonte. Il 17 febbraio 1848 ottennero dal re Carlo Alberto tutti i diritti civili e finalmente potettero diffondersi in tutta Italia.

La Chiesa cattolica reagì alla diffusione della Riforma protestante soprattutto convocando il Concilio di Trento che, in varie sessioni, dal 1545 al 1563 fissò rigide norme di prassi liturgica e di dottrina teologica del cattolicesimo, non mancando di stabilire rigidi comportamenti per il clero.
In particolare il Concilio di Trento fissò il dogma del peccato originale e quello della giustificazione per la fede e per le opere, condannando il principio luterano della giustificazione per sola fede, indipendentemente dalle opere, e affermando il valore del libero arbitrio persistente anche dopo il peccato originale. Anche nel campo della disciplina degli ecclesiastici il Concilio svolse opera essenziale, dando norme per la scelta e l’azione dei cardinali e dei vescovi e condannando il nepotismo.
Fuori dal Concilio i papi diedero infinite disposizioni tendenti ad evitare il continuarsi di mali da lunghissimo tempo deplorati, ma ai quali non si era mai riusciti a porre riparo.

L’enorme frattura in seno alla Chiesa determinata dal movimento protestante, iniziato con la pubblicazione delle 95 tesi di Lutero il 31 ottobre 1517, fu alla base di numerosi e sanguinosi conflitti europei tra il cinquecento e il seicento. Infatti, oltre alla sopraccitata guerra tra Carlo V e i Principi tedeschi, ci fu in Francia la lotta tra ugonotti (calvinisti francesi) e cattolici, che culminò nel massacro di tremila calvinisti parigini, avvenuto nella notte di S. Bartolomeo (23 agosto 1372) e la tremenda guerra dei trent’anni (durata dal 1618 al 1648) tra eserciti protestanti e truppe imperiali, la quale devastò la Germania e si concluse con la pace di Westfalia [V. Il trattato di Osnabrük (06.08.1648) tra Impero, Svezia e Principi protestanti nonché il trattato di Münster (08.09.1648) tra la Francia e l’Impero, entrambi pubblicati il 24 ottobre 1648], che sancì il diritto dei sudditi di professare una religione differente da quella dei loro Principi (cessava, dunque, il principio “cuius regio, eius religio”).
Da allora nell’Europa occidentale sono presenti tre confessioni cristiane: cattolica, luterana e calvinista; mentre l’Europa orientale ha mantenuto la pluralità delle Chiese ortodosse nazionali, con due riferimenti principali: il patriarcato di Costantinopoli e quello di Mosca.

Con i suddetti due trattati pubblicati il 24 ottobre 1648 ci fu sì la cessazione delle lotte sanguinose fra protestanti e cattolici, ma non venne raggiunta una vera pace. Tra gli uni e gli altri persistette per più di due secoli quanto meno  un reciproco disprezzo: i primi rinfacciavano ai secondi la totale subordinazione ai papi e perciò li chiamavano papisti. A loro volta i pontefici vietavano ai propri fedeli ogni forma di collaborazione con le società bibliche protestanti, che diffondevano le traduzioni della Bibbia in lingue moderne, giudicate pericolose per la fede.

Nel corso del ‘900 i protestanti hanno promosso il “movimento ecumenico”, che ha favorito il dialogo fra le diverse Chiese con sede a Ginevra. La Chiesa cattolica ha istituito “la settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani”, che si tiene ogni anno nella seconda metà di gennaio: con questa preghiera i credenti chiedono il raggiungimento della “unità che Dio vorrà con i mezzi che vorrà, e nel modo che Egli vorrà”.

Papa Giovanni XXIII istituì il Segretariato per l’unione dei cristiani e nel convocare il Concilio Vaticano II invitò come osservatori esponenti di altre Chiese.
Il decreto conciliare “Unitatis Redintegratio” sull’Ecumenismo afferma che la Chiesa voluta da Cristo si realizza in modo più completo nella Chiesa cattolica, ma aggiunge che Dio può servirsi anche delle altre Chiese per operare la salvezza: ogni Chiesa appare, infatti, limitata perché formata da peccatori, rispetto alla Chiesa futura che solo Cristo potrà costruire, perciò gli altri non vengono più considerati eretici o scismatici, ma fratelli separati.      

Successivamente sono stati istituiti momenti di preghiera comune, come la Giornata di Assisi (27 ottobre 1986), promossa da Giovanni Paolo II e aperta anche a esponenti di religioni non cristiane; ed altre iniziative comuni per promuovere la pace, l’aiuto dei più poveri, il rispetto del creato ecc. .

Nel 1999 è stato trovato un accordo anche sulla dottrina della giustificazione, che cerca di spiegare in quale modo la grazia di Dio dona la salvezza all’uomo: è stata, quindi, formulata la “Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della Giustificazione”.
Inoltre cattolici e protestanti hanno realizzato insieme la traduzione interconfessionale in lingua corrente della Bibbia.

Il prossimo 31 ottobre sarà celebrata a Lund in Svezia la Commemorazione Ecumenica della Riforma di Martin Lutero, che è stata promossa congiuntamente dalla Federazione Luterana Mondiale e dalla Chiesa Cattolica.
Si tratta della celebrazione del 1° centenario  che cade nell'epoca della globalizzazione e dell’ecumenismo nonché dopo il Concilio Vaticano II.

La Commemorazione Ecumenica congiunta avviene in previsione del 500° anniversario della Riforma che ricorre nel 2017 [ 31.10.1517 – 31.10.2017]
A scopo preparatorio dell’evento è stato redatto un documento, intitolato “Dal conflitto alla comunione” da parte dell’apposita “Commissione luterana-cattolica”.
Detto documento, che il 1° giugno 2013 è stato pubblicato dal Centro Editoriale Dehoniano come Supplemento del quindicinale “IL REGNO”, è composto da sei  capitoli, attraverso i quali viene percorso tutto l’iter della Riforma, e si arriva a concludere con i seguenti “Cinque imperativi ecumenici”:

  1. Cattolici e luterani devono tendere a rafforzare ciò che hanno in comune, anche se è più facile scorgere e sperimentare le differenze;
  2. Luterani e cattolici devono lasciarsi continuamente trasformare dall'incontro con l’altro e dalla reciproca testimonianza di fede;
  3. Cattolici e luterani dovrebbero di nuovo impegnarsi a ricercare l’unità visibile e tendere costantemente a questo obiettivo;
  4. Luterani e Cattolici devono riscoprire congiuntamente la potenza del Vangelo di Cristo per il nostro tempo;
  5. Cattolici e luterani devono rendere insieme testimonianza della misericordia di Dio nell’annuncio del Vangelo e nel servizio al mondo.


Comunque, una volta attuati questi obiettivi, non ci si troverà alla fine di un percorso, bensì ad una tappa fondamentale di un cammino da continuare assieme.

Il 25 gennaio 2016 p. Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede,  ha annunciato che Papa Francesco il prossimo 31 ottobre parteciperà alla “ Commemorazione ecumenica della Riforma di Martin Lutero”, promossa congiuntamente dalla Federazione Luterana Mondiale (LWF) e dalla Chiesa Cattolica, che avrà luogo a Lund in Svezia.

L’evento comprenderà una celebrazione comune fondata sulla guida liturgica cattolico-luterana, “Common Prayer” [Preghiera Comune], di recente pubblicazione.
Il pastore Martin Junge, segretario generale della LWF, ha affermato in proposito che i Luterani si accingono a commemorare l’anniversario della Riforma in uno spirito di responsabilità ecumenica e nella convinzione che, adoperandosi per la riconciliazione fra Luterani e Cattolici, operino per la giustizia, la pace e la riconciliazione in un mondo lacerato dai conflitti e dalla violenza.

A sua volta il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani (Pcpcu) ha spiegato: “Concentrandosi insieme sulla centralità della questione di Dio e su un approccio cristocentrico, i Luterani e i Cattolici avranno la possibilità di celebrare una commemorazione ecumenica della Riforma, non semplicemente in modo pragmatico, ma con un senso profondo della fede in Cristo crocifisso e risorto”.

La “Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della Giustificazione”, firmata nel 1999 dalla Federazione Luterana Mondiale e dalla Chiesa Cattolica, è stata anche accolta nel 2006 dal Consiglio Metodista Mondiale (Alleanza tra Chiese Metodiste)*  .

Pertanto è opportuno evidenziare che detta “Dichiarazione …” ha annullato dispute antiche di secoli fra Cattolici e Luterani sulle verità fondamentali della dottrina della giustificazione, la quale è al centro della Riforma del XVI secolo.




Pietro Congedo
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*Il metodismo è un’espressione del protestantesimo, che ha dato vita ad una delle chiese evangeliche più diffuse nel mondo, caratterizzandosi per profonda spiritualità, dinamismo evangelico e marcata sensibilità verso i problemi etici, sociali e politici.

domenica 24 gennaio 2016

Il frate francescano Agostino Gemelli, dal 1915 al 1918 ufficiale medico alle dirette dipendenze di Cadorna

Padre Agostino Gemelli in divisa da Ufficiale Medico
Padre Agostino Gemelli in divisa da Ufficiale Medico


Il 30 giugno 1914 cominciarono le ostilità dell’Austria contro la Serbia: ebbe così  inizio il conflitto che divenne poi mondiale e durò più di quatto anni.     

Il successivo 3 settembre il cardinale Giacomo Della Chiesa fu eletto papa col nome di Benedetto XV e il 1° novembre 1914 pubblicò la sua prima enciclica “Ad Beatissimi Apostolorum”, nella quale si appellava ai governanti delle Nazioni per far tacere le armi, perché cessasse lo spargimento di sangue umano.

In seguito all'entrata in guerra dell’Italia (24 maggio 1915) la Santa Sede, chiusa e prigioniera in Vaticano, rimase ancor più isolata dopo la dipartita degli ambasciatori degli stati belligeranti. Tuttavia Benedetto XV, constatando con amarezza  l’allargamento del conflitto e il notevole incremento del numero di morti e distruzioni, non smise mai di inviare sia proclami per la pace ai governi degli stati belligeranti e concreti aiuti alle popolazioni  civili direttamente coinvolte dalle vicende belliche.

Egli è particolarmente ricordato per essersi invano prodigato a promuovere, con una “nota” del 1° agosto 1917, la sostituzione della guerra con un arbitrato internazionale atto a far cessare la “inutile strage” di esseri umani.

Il grido di dolore del pontefice per siffatta strage e i suoi continui proclami di pace furono, però, molto ascoltati dai cappellani militari, detti “soldati di Dio”. Questi godevano del favore incondizionato del comandante supremo dell’esercito italiano, Luigi Cadorna, il quale era molto religioso ed anche padre di due suore, ma nello stesso tempo era il più accanito sostenitore della “giustizia del piombo” (cioè dei processi sommari concludentisi tutti con la fucilazione dei militari ritenuti indisciplinati) nonché l’inventore di quella efferata forma di annientamento d’innocenti, detta “decimazione”.

I cappellani militari furono tra le figure più importanti e significative della grande guerra. I soldati trovavano nel proprio cappellano un prezioso confidente, un ponte tra l’orrore delle battaglie e i ricordi della propria terra o della propria famiglia; una speranza tra la violenza e la morte. Grazie alla figura del cappellano, il soldato poteva sentirsi al riparo dai turbamenti che la guerra procurava. Il richiamo alla dimensione religiosa era spesso in grado di attenuare e perfino annullare i sentimenti negativi.

Ci furono cappellani che dopo il conflitto si distinsero per il loro impegno sia religioso e pastorale che sociale e politico come: don Angelo Giuseppe Roncalli, divenuto poi papa Giovanni XXIII; Giovanni Forgione da Pietralcina, che divenne padre Pio;  padre Giulio Bevilacqua, nominato cardinale da Paolo VI; don Primo Mazzolari, diventato in seguito una delle figure più significative del cattolicesimo italiano della prima metà del XIX secolo; don Giovanni Minzoni, martire antifascista.
   
Divenne famoso dopo il conflitto anche Padre Agostino Gemelli, al secolo Edoardo Gemelli, che però non vi aveva partecipato come cappellano militare ma come medico e neppur condivideva il dolore  e i proclami di pace del pontefice. Egli, nato nel 1878 da un’agiata famiglia milanese legata alla massoneria, aveva avuto in gioventù tali simpatie socialiste da convincersi a partecipare ai moti verificatisi a Milano nel 1898 a causa delle molto precarie condizioni sociali - economiche delle classi popolari.
Successivamente si converti al cattolicesimo ed entrò nell'Ordine dei Frati Minori.

Conseguita la laurea in medicina nell'Università degli Studi di Pavia, in breve divenne una colonna portante della psicologia.
Nel 1914 fondò la rivista Vita e Pensiero, che divenne  un vero  laboratorio d’idee.

Durante l’anno di neutralità dell’Italia Gemelli, interventista dichiarato, auspicava che l’Italia scendesse in guerra a fianco degli Imperi Centrali.

Tuttavia, quando al contrario il Governo italiano dichiarò guerra all’Austria e alla Germania, il Nostro, con una conversione a centottanta gradi scriveva:
“La patria chiama tutti alla sua difesa.
Cessino le discussioni e i dissidi…[…]. Oggi non c’è più luogo che per il proprio dovere, per tutto il proprio dovere compiuto con sacrificio, sino all'eroismo.
Noi cattolici, che sino a ieri abbiamo lavorato per impedire la guerra, oggi dobbiamo dare tutta la nostra vita, tutta la nostra attività, tutto il nostro cuore, tutto il nostro ingegno a chi tiene nelle sue mani i destini della Patria.” (V. “Vita e Pensiero” del 1° ottobre 1915).

Dopo con disinvoltura si atteggiò a teorico della lotta ai tedeschi, ritenuti “barbari”.              
Egli pensava che la guerra fosse fondamentalmente un’occasione da non perdere.
Teorizzava il conflitto come “espiazione”, “rinascita”, insistendo affinché, negli orrori, le masse (“e soprattutto i miscredenti della classe operaia …”) si rivolgessero alla Fede cristiana come speranza di salvezza.      

Lo storico Sergio Tanzarella ha scritto: «Gemelli  era capitano medico assegnato al Comando Supremo. In quel ruolo fu uno dei più ascoltati consulenti di Cadorna. Come psicologo si propose di abbassare ogni forma di resistenza tra i soldati rispetto alla morte che li attendeva agli inutili assalti. Alla stessa morte Gemelli attribuiva una valenza religiosa in grado di convincere i fanti che si trattava di condividere la missione salvifica di Cristo. Gli articoli di Gemelli in quelli anni e il suo libro, intitolato “Il nostro soldato. Saggi di psicologia militare”, Milano,  1917, sono un’abominevole raccolta di pensieri raccapriccianti, dove la fede viene posta a servizio di una causa di morte. Gemelli scriveva che la conversione del soldato si realizzava sul letto dell’Ospedale prima di morire, ma era cominciata al fronte e ad essa aveva dato un contributo decisivo una singolare forza di catechesi, la catechesi del cannone.

Pertanto la guerra era compresa come provvidenziale occasione di rinascita cristiana. Gemelli fu molto abile a preparare un intruglio di edificazione-rassegnazione di fronte alla catastrofe della guerra offrendo ad essa una mistica consolatrice come quando scrive: “Per noi che rimaniamo, per le spose, per le madri, per i figli, per le sorelle, per gli amici, per i compagni d’armi, per quanti siamo in lutto in queste giornate di prova la morte dei nostri giovani è ragione di conforto. Essi hanno accettato di morire, perché hanno sentito la bellezza cristiana del sacrificio per la patria. Essi hanno fatto di più: hanno fatto risuonare nella morte questa dolce voce di speranza cristiana che consola, che rende forte, che sprona al sacrificio, che ci fa degni insomma dell’ora della prova in cui viviamo”» (V. Gigante, Kocci e Tanzarella La grande menzogna. Tutto quello che non vi hanno raccontato sulla I guerra mondiale, Ed, Dissensi, Viareggio, 2015). 

Da quanto sopra esposto risulta evidente che padre Agostino Gemelli, in qualità di frate minore, non si preoccupò minimamente di portare tra le rigide pareti del comando cadorniano la mitezza e la bontà proprie del Santo di Assisi.

Purtroppo, come durante la sua attività sperimentale di scienziato non s’impietosiva mai del dolore animale (“… sembra che l’animale provi dolore, ma non è del tutto esatto: si tratta, più che altro, di contrazioni nervose istintive …”), così non provava alcuna compassione per i poveri fanti e aviatori che, esauriti, malati di nervi e traumatizzati dalla guerra, si presentavano per visita medica. Egli li rispediva al fronte senza pietà, spesso trattandoli da poltroni e da vigliacchi, affermando che “La paura non è una malattia”.

Quindi l’impassibilità dimostrata da Gemelli durante gli esperimenti su animali è la stessa che egli ostentò nei riguardi dei poveri soldati traumatizzati dagli orrori delle battaglie.

Forse all'epoca i traumi psichici erano ancora ben lungi dall'essere studiati, ma da un frate minore diventato esperto psicologo forse qualcosa in più ci si poteva aspettare.    
                                                                                                          

Pietro Congedo

martedì 12 gennaio 2016

La Misericordia, cuore della fede cristiana



Il pastore valdese Paolo Ricca, il 18 novembre 2015, invitato dall’Associazione Ecumenica OIKOS di Galatina a trattare il tema “La misericordia, cuore della fede cristiana”, ha esordito dicendo fra l’altro di essere felice di trattare l’argomento propostogli, perché è bellissimo in quanto parla della cosa più bella del mondo. Ma gli ultimi fatti di Parigi gli hanno un po’ offuscato questa gioia, in quanto non è così facile parlare della misericordia di Dio ad una comunità insanguinata. 

Egli poi,riferendosi esplicitamente “…all’infausto venerdì (13 novembre u.s.), … giorno della crocifissione di Cristo, ma pure dell’umanità”, si è  domandato:-Gli uomini del Califfato perché ci odiano tanto? Cosa odiano veramente di noi? La nostra religione cristiana, la nostra secolarizzazione, la nostra laicità? -

E’, quindi, pervenuto alla considerazione: “… Certo, odiano l’Occidente, il cristianesimo, la libertà, la democrazia. Ma a livello più profondo odiano la VITA, tanto, che odiano anche la propria. … . Essi sono ammaliati dal fascino della morte. Questa amano di più. … “.

Continuando si è chiesto: “Ma è proprio la misericordia che noi dobbiamo annunciare o non piuttosto il giudizio di Dio? Nella Bibbia c’è l’una e l’altro. Non è questo che dobbiamo annunciare tra le attuali tragedie senza nome? Ha senso annunciare la misericordia?... Si predica la misericordia se si spera nella conversione dell’altro. …”.

Si è domandato poi: “Non c’è misericordia per il Califfato. Ma per l’Europa, per gli europei c’è misericordia?”

Molto imbarazzato dalla consapevolezza che le armi puntate dai terroristi dell’ISIS contro di noi sono fabbricate anche in Europa (e in Italia), ha risposto:

«Non lo so. 

Ma quello che so è che c’è la misericordia di Dio, anzi c’è la misericordia perché c’è Dio. Se non ci fosse Dio, non ci sarebbe misericordia per nessuno. Dire DIO è dire MISERICORDIA. La misericordia non è soltanto una qualità di Dio, ma la sua stessa natura. Dio è solo misericordia.

Ma c’è stato un tempo in cui Egli ha usato metodi forti. Ricordiamo il diluvio?[…].

Dopo il diluvio Dio ha detto a se stesso: ”Non distruggerò la terra, l’umanità, ma percorrerò un’altra via.”

Oggi possiamo dire che Dio e SOLTANTO misericordia, TUTTO misericordia,

Questa è la nostra fede.

Questa realtà chiave di tutto è continuamente dimenticata.

Era dimenticata al tempo di Gesù: la Legge allora aveva preso il posto della misericordia. Cosa dice Gesù alla sua generazione, citando Osea?: “Voglio misericordia non sacrifici, perché io sono MISERICORDIA”.

Il mondo ha bisogno della misericordia di Dio, ma anche della tua, uomo.

Al tempo di Paolo viene di nuovo dimenticata, tanto che lui dice, e ripete fino alla noia, che il cuore del Vangelo è la misericordia: “Quando ancora eravamo peccatori, Dio ha avuto misericordia. Gesù è diventato peccato, perché  diventassimo giustizia di Dio per noi”.

Lo stesso è successo al tempo di Lutero: la misericordia fu sepolta sotto una montagna d’indulgenze.

Cos’è l’indulgenza? Il surrogato della misericordia di Dio. Quando non capisci più la misericordia ricorri alle indulgenze.

Ed è dimenticata anche in questo nostro presente.

Il Papa è stato bene ispirato a indire il ‘Giubileo Straordinario della Misericordia’, perché il nostro presente non ha solo dimenticato la misericordia di Dio, ma Dio stesso. Il Giubileo ci ricorda Dio, ci parla di Dio non della Chiesa.

E’ urgente recuperare questa perdita del messaggio cristiano. E’ di questi giorni la esplosione della violenza omicida, che ha sconvolto le nostre anime. La pietà, la misericordia è morta. Bisogna predicare misericordia, è la cosa più urgente, anche se questa predicazione è una voce, come quella del Battista, che grida nel deserto. Ma c’è una promessa in Isaia 35: “Il deserto fiorirà come una rosa”. Quindi noi predichiamo nel deserto credendo che questo diventerà una rosa. Questa la nostra fede, non perché siamo cocciuti, ma perché prendiamo sui serio le promesse di Dio e non le nostre: solo Dio porta a compimento quanto dice o promette.

E’ la prima volta che io, pastore valdese, non legato alla Chiesa Cattolica Romana, leggo, medito e porto con me la ‘bolla’, con la quale papa Francesco ha indetto il Giubileo. 

Il documento va benissimo. I suoi primi 10 paragrafi sono eccellenti: si parla della misericordia di Dio e numerose sono le citazioni bibliche.

Giustamente Francesco dice che la misericordia non è dei cristiani ma degli ebrei (Antico Testamento) ed essa con Gesù raggiunge il suo culmine (Nuov. Testamento).

Mi ha sempre colpito che il popolo ebraico, martire anche per colpa nostra, in tutto il corso della storia, anche prima di Gesù, oppresso, umiliato ed esiliato, è il popolo che canta la misericordia di Dio in una maceria suprema. Se c’è un popolo debitore della misericordia di Dio per le batoste, i dolori, le umiliazioni ricevute, proprio da quel popolo noi impariamo cosa significa misericordia.

Per la parte biblica la ‘bolla’ di Francesco va benissimo.

Per quanto riguarda la nostra parte, la protestante, ho pensato di puntualizzare due momenti in cui c’è stata l’esperienza della misericordia di Dio:

 · la misericordia di Lutero, che chiamo scoperta;

 · la misericordia INVOCATA  quando nel 1945 la Chiesa Evangelica tedesca confessò il proprio peccato commesso sotto Hitler e chiese pietà.

Primo momento –La Riforma, detta protestante consiste nella riscoperta della misericordia. Questa riscoperta viene raccontata proprio da Lutero nel ‘500 in un suo libro sulla scoperta dell’Evangelo.

Egli, relativamente alle difficoltà incontrate per intendere rettamente il versetto di Paolo “Il giusto vivrà mediante la fede”(Rm 1, 16-17), afferma:

- Io combattevo la giustizia ovvero l’interpretazione razionale, filosofica insegnatami in seminario come giustizia da rendere a Dio tramite le mie opere. Ma queste non erano mai sufficienti. E protestavo con Dio dicendo: “La vita è già così difficile e Tu, Dio, me la rendi ancora senza speranza?” Io odiavo questo versetto. Ma Dio ebbe pietà di me e mi rivelò il nesso tra la giustizia di Dio e il versetto stesso.

E allora questa giustizia di Dio non è quella che Egli mi chiede, ma che io non ho. Essa è la giustizia di Cristo per il peccato. Allora questa espressione, così tanto odiata da me, è diventata la più bella di tutta la Bibbia, perché per la giustizia di Dio il manto di misericordia è sì presente sull’uomo anche se peccatore: misericordia immeritata, incondizionata, senza alcun patto da parte di Dio, senza alcun do ut des, gratuita.

E’ per questo che Lutero polemizzò contro le indulgenze.

I Giubilei, cosiddetti anni santi, furono creati nel 1300 da papa Bonifacio VIII per diffondere le indulgenze.

La ‘bolla’ di indizione del Giubileo del 1500 parlava esclusivamente delle indulgenze. Invece dei venticinque paragrafi della bolla di papa Francesco del 2015 solo uno è dedicato alle indulgenze, e questo fa piacere ai Riformati, e se quest’unico paragrafo venisse cancellato, non si toglierebbe nulla alla validità del documento.

L’indulgenza diventa superflua se credi nella misericordia divina.

I cattolici credono che il sacramento della  confessione cancella la colpa del peccato, ma ne rimane l’impronta negativa: da qui il valore che viene attribuito all’indulgenza che cancella la pena.

Invece la misericordia di Dio cancella colpa e pena:il peccatore diventa libero, deve soltanto essere GRATO al Signore. L’esperienza della misericordia è da considerarsi come fonte della LIBERTA’ del cristiano, essa è gratuita, non pagata dalle indulgenze. Significativo  l’uso da parte dei cattolici dell’espressione: LUCRARE le indulgenze. Lucro è il guadagno o profitto, come indicato nel mondo commerciale. 

Secondo momento ­– Nel 1945 c’è stata la confessione di peccato da parte della chiesa luterana tedesca, la quale confessione, se letta oggi, sembra molto blanda, in quanto non contiene una sola parola sulla shoah. Questo perché non c’era ancora la consapevolezza della strage avvenuta. Si sapeva dell’esistenza di campi di lavoro e non di sterminio.

La chiesa luterana confessò di non essere stata testimone sotto la dittatura di Hitler.

C’è stata una Chiesa protestante e anche cattolica non testimone, ma è stata una minoranza.

Possiamo  predicare la misericordia, pane dell’anima,solo se prima la invochiamo su di noi. Questa è l’importanza della confessione di colpa della Chiesa protestante su di sé, perché aveva molto da farsi perdonare. E molto deve farsi perdonare l’intera Chiesa.»

Questo il discorso del pastore valdese Paolo Ricca nell’incontro suddetto,discorso che si è rivelato veramente “una preziosa occasione per riflettere sull’importanza del ‘Giubileo della Misericordia”, come era stato  preannunciato dall’Associazione ecumenica OIKOS.

Intanto sul quotidiano LA STAMPA del 30.11.2015 Gianni Gennari nel suo articolo “Giubileo in Centrafrica, il grido di misericordia del Papa”, riferendosi a domenica 29.11.2015,fra l’altro riferisce:

«Francesco apre la porta del Giubileo a Bangui, in Centrafrica, e dà l’annuncio della Misericordia in un modo inequivocabile, e lo fa non parlando di sé, ma di Gesù: “Gesù ci insegna che il Padre celeste fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni” (Mt. 5,45). Dopo aver avuto noi stessi l’esperienza del perdono, dobbiamo perdonare. Ecco la nostra vocazione fondamentale: “Voi, dunque siate perfetti come  è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt. 5, 48). Gli operatori di evangelizzazione devono dunque essere prima di tutto artigiani del perdono, specialisti della riconciliazione, esperti della misericordia.»


Pietro Congedo

Rinnovamento rinascimentale della Chiesa



Lutero affigge le 95 tesi sulle porte della chiesa del castello di Wittemberg

Pietro Colonna detto il Galatino (1460 ca. –1540 ca.) nei suoi scritti si mostra abbastanza consapevole dei guai della Chiesa, ossia dei mali ad essa provocati dagli stessi ecclesiastici, ma non traccia un concreto piano di riforma per la stessa sacra istituzione: soltanto propone una serie d’iniziative, attuando le quali l’Angelico Pastore, ossia l’atteso pontefice delle profezie,avrebbe ricondotto la Chiesa alla povertà e al servizio di Dio.

Egli nelle due sue opere “De septem Ecclesiae tum temporibus tum statibus”(1523) e  “De Sacra Scriptura recte interpretanda” (1526) fa menzione del monaco riformatore Martino Lutero (1483 – 1546):
· nella prima, riferendosi ai bizantini scismatici, che a capo delle chiese nazionali preferivano al Sommo Pontefice i Principi secolari (V. scisma d’Oriente del 1054),afferma: “ut hodie Martinus Lutherus haereticorum pessimus impiissime facit”(come fa ora oltremodo empiamente il pessimo Martino Lutero);
· nella seconda, rivolgendosi al re d’Inghilterra Enrico VIII, al quale l’opera era stata dedicata perché consideratodefensor fidei da papa Leone X, in quanto aveva scritto un libro contro Lutero, afferma: “impiissimam Martini Lutheri haeresim ita adamussim praeclare illo tuo opere confutasti, ut nec Thomas ille Aquinas, nec Scotus ipse rectius refellere potuissent” (l’eresia oltremodo empia di Martino Lutero tu hai confutato nella tua opera molto bene, così come né Tommaso d’Aquino né lo stesso Scoto avrebbero potuto riferire).

A questo punto sorge spontanea la domanda: perché il minorita fra Pietro Galatino riteneva l’agostiniano Lutero pessimo soggetto e la sua dottrina oltremodo empia?

Per rispondere può essere utile la presentazione del personaggio e della sua riforma.

Martino Lutero, nato nel 1483 a Eisleben (città tedesca del land Sassonia-Anhalt) era figlio di un minatore che si era arricchito e, dopo i primi studi effettuati anche a  Magdeburgo, entrò a 17 anni all’Università di Erfurt e nel 1505 vi conseguì il diploma di magister artium. Iniziò poi gli studi giuridici, ma li interruppe subito per entrare nel monastero degli agostiniani osservanti di Erfurt, dove fu ordinato sacerdote nel 1507. Dedicatosi poi agli studi di teologia nell’Università di Wittenberg, fondata dal principe elettore di Sassonia Federico III detto il Savio, vi conseguì la laurea nel 1511. Intanto nel novembre del 1510, essendo stato inviato a Roma in rappresentanza di sette monasteri agostiniani, aveva potuto osservare da vicino la vita religiosa della capitale della cristianità, rimanendo profondamente colpito dai costumi mondani del clero romano, del quale trovò particolarmente allarmante la disinvolta pratica della simonia. Allora sedeva sul soglio pontificio Leone X che, essendo impegnato nel grandioso progetto di rifacimento della basilica di San Pietro in Roma e avendo, perciò, contratto un enorme debito con banchieri tedeschi, non aveva esitato ad autorizzare un’intensa campagna di vendita delle indulgenze anche per i defunti, bandita in tutte le diocesi.

Tornato a Erfurt, fu professore di filosofia morale a Wittenberg, dove completò gli studi di teologia acquisendo il dottorato nel 1512 e ottenendo in seguito la cattedra di teologia biblica che tenne fino alla morte.

Predicatore e professore instancabile, i suoi studi sul Nuovo Testamento lo indussero ad affermare che i cristiani non ottengono la salvezza per meriti propri, ma per grazia divina da essi accettata per fede.

Egli, relativamente alle difficoltà incontrate per intendere rettamente il versetto di Paolo “Il giusto vivrà mediante la fede” (Rm 1, 16-17), soleva dire: «Io mi dibattevo  per comprendere il concetto di giustizia secondo l’interpretazione razionale, filosofica insegnatami in seminario come giustizia da rendere a Dio tramite le mie opere. Ma queste non erano mai sufficienti. E protestavo con Dio dicendo: “La vita è già così difficile e Tu, Dio, me la rendi ancora senza speranza?” Io odiavo questo versetto paolino. Ma Dio ebbe pietà di me e mi rivelò il nesso tra la giustizia di Dio e la fede.»

[Paolo nella Lettera a Tito 3, 4-5 esprime più esplicitamente lo stesso concetto, di cui in Rm 1, 16-17, scrivendo “Quando però si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna.”– (V. Liturgia della Parola della Messa dell’aurora - Natale del Signore 2015)].

Questa scoperta fu decisiva nella vita di Lutero, tanto da fargli rigettare alcuni dogmi fondamentali della Chiesa cattolica.

Innanzitutto egli intraprese una energica azione contro la sopraccitata vendita di indulgenze mediantela “Disputatio pro declaratione virtutis indulgentiarum” (Discussione sulla dichiarazione del potere delle indulgenze), nota anche come Le 95 tesi proposte alla pubblica discussione e, quindi, inviate il 31 ottobre 1517 ai vescovi interessati, i quali non risposero. Perciò Lutero affisse il lungo elenco delle tesi tradotto in tedesco alla porta della chiesa del castello di Wittemberg, in vista di pubbliche assemblee, nelle quali egli le avrebbe dimostrate, come allora solitamente avveniva nei centri universitari.

Tutto questo provocò l’intervento della Curia romana che, dopo aver convocato il monaco agostiniano dinanzi al cardinale legato Tommaso De Vio e dopo un confronto a Lipsia nel 1519 con il teologo JohannesEck, ne condannò l’insegnamento il 15 giugno 1520 con la bolla papale Exsurge Domine,  imponendogli, sotto pena di scomunica, la ritrattazione delle tesi. Lutero rifiutò, sostenendo che le proprie convinzioni derivavano dalla Sacra Scrittura e che nessuno era tenuto ad agire contro la propria coscienza. Il 10 dicembre1520 egli bruciò la bolla papale e perciò il 3 gennaio 1521 fu scomunicato da Leone X con la bolla Decet Romanum Pontificem.

Lutero venne invitato comunque alla dieta imperiale di Worms, ma il 18 aprile 1521 davanti a Carlo V rifiutò ancora una volta di ritrattare a meno di essere convinto “mediante la Scrittura e la chiara ragione”.

 La frattura della Chiesa era ormai definitivamente consumata: il 26 aprile l’editto di Worms mise il monaco agostiniano al bando dall’Impero, e mentre rientrava a Wittenberg il principe Federico III il Savio fece simulare un suo rapimento, mettendolo in salvo nella fortezza di Wartburg, dov’egli tradusse in tedesco dal greco il Nuovo Testamento (1522), e nel De votis monasticis prese posizione contro il monachesimo, enunciando la tipica concezione luterana della vocazione cristiana da realizzarsi nella vita familiare, lavorativa, civile ed ecclesiale.

La Riforma Luterana fu avversata duramente da Carlo V e da alcuni principi tedeschi, ma altri principi e alcune città l’accolsero, e i sentimenti antiromani conquistarono comunque vasti strati di popolazioni.

Nonostante la stessa andasse assumendo anche carattere politico, Lutero era e restava un religioso: la sua opera sarebbe stata rivolta d’allora in poi all’edificazione della Chiesa Evangelica  (Lutero non volle mai che si parlasse di Chiesa luterana) e dalla precisazione della sua dottrina sulla base dell’articolo fondamentale, la giustificazione per fede e dei suoi segni efficaci, l’Annuncio della Parola, il Battesimo e la Cena del Signore.

Lutero, dopo 16 mesi trascorsi a Wartburg, tornò a Wittenberg e riprese l’insegnamento per difendere la propria dottrina dalle interpretazioni più radicali ed estremistiche della riforma religiosa. Nel frattempo i conventi si svuotavano, i preti si sposavano e i riformatori sotto la guida del docente universitario Andrea Carlostadio avevano  provocato tumulti iconoclastici.

Egli cercò di placare gli animi, allontanando Carlostadio e affrontando la grave deviazione rappresentata da Th. Münster, il quale, subordinando il valore della Scrittura all’ispirazione diretta dello Spirito Santo e fondando una Chiesa di eletti chiamati ad instaurare il regno di Dio sulla terra e a sterminare gli empi, si era messo  a capo di un moto di contadini dedito all’incendio e al saccheggio. E Lutero, inizialmente favorevole alle rivendicazioni dei contadini, si irrigidì però di fronte alle violenze ed alla pretesa di giustificarle col Vangelo. D’altronde già nel 1523 egli in un suo scritto aveva ribadito che le ribellione all’autorità politica si giustifica solo quando essa minacci la coscienza cristiana. Pertanto, dopo vari appelli alla pace chiese ed ottenne l’appoggio dei Principi che soffocarono nel sangue la rivolta e giustiziarono Münster (1526).

Scomunicato e bandito, Lutero non poté difendere di persona la sua dottrina alla Dieta di Augusta, perciò affidò a Filippo Melantone, umanista e grecista divenuto il suo più devoto amico e stretto collaboratore, il testo di difesa che aveva preparato, noto  come la Confessione di Augusta(1530), la quale costituisce ancora oggi la base del luteranesimo insieme agli “Articoli di Smalcalda” da lui stesso redatti.

La “Confessione di Augusta” ha inizio con la frase “Publice protestamur…” che, sebbene significhi “Dichiariamo pubblicamente….” ha invece originato il termine protestanti,usualmente utilizzato in maniera impropria per indicare i “cristiani evangelici”.

Altre fondamentali opere di Lutero sono: “Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca”(1520), “Sulla cattività Babilonese della Chiesa”(1520), “Sulla libertà del cristiano”(1520), “De servo arbitrio”(1525) e il notissimo “Piccolo Catechismo”(1529)

Egli nel 1534 completò la traduzione in tedesco dall’ebraico dell’Antico Testamento. Nel frattempo la sua fama si era diffusa in tutta Europa e il suo invito ai Principi perché si rendessero indipendenti dall’autorità ecclesiastica trovò ampi consensi. Proprio nel 1534 si allontanò dall’ortodossia Enrico VIII, re d’Inghilterra, al quale  Pietro Galatino nel 1526 aveva dedicato una sua opera, come già detto all’inizio di questo scritto.

Nel 1537 Lutero, oppresso da problemi di salute, si dedicò  prevalentemente a scritti polemici. Preoccupato dalla Controriforma cattolica avviata da papa Paolo III [Concilio di Trento (1515 – 1563)] e per quello che interpretò come un tentativo degli ebrei di approfittare della disputa religiosa dei cristiani per riaprire la questione del messianismo di Cristo,ingaggiò una polemica violenta contro di essi, contro il papato e contro i riformatori più radicali. 

All’inizio del 1546 fu chiamato a Mansfeld per risolvere il contrasto fra due Principi locali; riuscì nell’impresa  ma, in seguito al peggioramento del suo stato di salute, si spense il 18 febbraio 1546 a Eisleben, la sua città natale, che presto divenne Eisleben Lutherstadt.

In questo rinnovamento della Chiesa effettuato da Lutero risultano evidenti i numerosi motivi per i quali il nostro Pietro Galatino, immerso com’era nella ortodossia cattolica, non poteva assolutamente usare neppure una minima tolleranza nei riguardi di colui che, in netta opposizione al pontefice romano Leone X, aveva nel giro di pochi anni (approssimativamente dal1517 al 1530) edificato la Chiesa Evangelica,alla quale aveva aderito perfino il re d’Inghilterra, Enrico VIII, già definito dal papa defensor fidei.


Pietro Congedo