domenica 18 agosto 2013

La Chiesa e l’Impero dopo la vittoria di Costantino a Ponte Milvio

Roma - Ponte Milvio

Con la riforma dell’Impero operata da Diocleziano, l’Italia venne integrata nel sistema delle province imperiali, mentre la città di Roma faceva parte a sé  amministrata per un raggio di cento miglia da un Prefetto insieme al Senato, le cui prerogative erano ormai ridotte a quelle proprie di un Consiglio municipale, in quanto raramente veniva richiesto il suo parere su problemi di governo. 

Nello stesso tempo, un grande sviluppo, non soltanto di carattere urbanistico, era assicurato a Milano ed alle altre città dove risiedevano i Tetrarchi che governavano l’Impero.


La religione cristiana continuava la sua lenta ed inarrestabile diffusione, nonostante le ricorrenti persecuzioni. Particolarmente violenta si rivelò quella iniziata nel 303 sotto Diocleziano, la quale  comportò supplizi di vario genere, esclusione da impieghi pubblici e da cariche di ogni ordine e grado, legittimità di qualunque azione intrapresa contro i “colpevoli”, ai quali era tolta ogni capacità di adire le vie della giustizia per riparazione di danni, per adulterio o furto. A tutto questo il cesare d’Oriente, Galerio, aggiunse l’obbligo di sacrificare agli dei, la distruzione delle chiese e la pena capitale.  

La battaglia di Ponte Milvio [28 ottobre 312] ebbe due effetti importanti: 
1) troncò ogni possibilità per Roma e per l’Italia di recuperare un effettivo primato nell'Impero
2) costituì la premessa all'editto di tolleranza religiosa, emanato a Milano da Costantino nel 313.  

Col sostegno di questo importantissimo provvedimento imperiale, la forza di espansione propria del Cristianesimo divenne inarrestabile e cambiò l’assetto religioso del mondo antico. Infatti il vuoto politico creato a Roma e in Italia, che si andava sempre più accentuando, venne in breve riempito dalla Chiesa, la cui struttura organizzativa, assumendo caratteristiche proprie dell’Impero, portò ad una sempre maggiore  affermazione del primato del vescovo romano.  


L’editto di Milano originariamente era rappresentato da una serie di generiche istruzioni impartite dall’imperatore agli organi di governo. Solo successivamente gli augusti Costantino e Licinio fissarono in un documento a forma di lettera le istruzioni per i rispettivi funzionari sull’atteggiamento da tenere nei riguardi dei cristiani.


Venne così proclamata la libertà di coscienza e, quindi, la liceità della religione cristiana in piena uguaglianza con tutte le altre confessioni;  vennero precisate le riparazioni da compiersi per i danni patiti dai cristiani a causa delle persecuzioni subite, cioè la restituzione agli stessi delle chiese e dei beni confiscati, un indennizzo a chi li avesse eventualmente acquistati in precedenza; fu anche rivolto un pressante invito ai governatori a favorire comunque il Corpus Christianorum.


Col questo riconoscimento di liceità dato al Cristianesimo e con le misure riparatrici Costantino pagava da militare leale, ma con mentalità ancora pagana, il suo debito di riconoscenza al Dio dei cristiani, che riteneva l’avesse fatto vincere. Tuttavia, pur cercando di non alienarsi il mondo pagano, egli intraprese fin dal 313 una politica che mirava a favorire il Cristianesimo sia con iniziative ed interventi diretti in suo favore sia mediante l’ispirazione cristiana di molte leggi. E accentuò ulteriormente questa politica quando, dopo la vittoria definitiva su Licinio (324), rimase solo al vertice dell’Impero. In questa fase edificò nuove chiese, esentò i chierici dai munera pubblici, istituì un foro ecclesiastico con effetti giuridici, adottò simboli religiosi ben accetti alla religione cristiana, riconobbe alle chiese il diritto di ricevere donazioni, introdusse il riposo domenicale, vietò l’arte divinatoria privata.


Pur facendosi battezzare soltanto sul letto di morte e dimostrando grande tolleranza verso tutte le religioni, Costantino si preoccupò seriamente delle eresie e degli scismi che incrinavano l’unità del Cristianesimo.


Pertanto nel 314 egli convocò il Concilio di Arles (nel sud-est della Gallia), che nelle sue intenzioni doveva essere una sorta di “tribunale” dei vescovi dell’Occidente romano, incaricato di affrontare – e possibilmente risolvere – la questione donatista, cioè relativa al movimento scismatico promosso dal vescovo di Cartagine, Donato, secondo il quale non potevano essere riammessi alla celebrazione dei sacramenti i sacerdoti indegni o apostati, che avrebbero dovuto essere ribattezzati. E ancora nel 325 convocò a Nicea (nell’Asia Minore) e lui stesso persiedette il primo Concilio ecumenico della storia della Chiesa, che cercò di superare la controversia scatenata dall’arianesimo, l’eresia originata dalla predicazione del prete libico Ario, che affermava la natura non pienamente divina di Cristo, negando la consustanzialità di Padre e Figlio.


Inoltre nel 330 Costantino procedette alla creazione di un’altra capitale dell’Impero a Bisanzio,  che ribattezzò col nome di Costantinopoli, nelle sue intenzioni nuova Roma cristiana, contrapposta all’antica Roma di radicata tradizione pagana.


Tutto  questo, però, non si può dire che producesse una crescita spirituale ed evangelica della Chiesa. Infatti ne derivò una interpretazione cristiana del culto dell’imperatore, per cui  si arrivò  a considerare Costantino nuovo Mosè, vescovo,  vicario di Cristo, uguale agli Apostoli e addirittura santo (come ancora oggi è considerato dalla Chiesa ortodossa). 

Questo favorì il sorgere del cesaropapismo, che graverà per secoli specialmente sull’Oriente cristiano.


Quindi la Chiesa, una volta liberata dall’oppressione dei persecutori, conobbe una prova più temibile dell’ostilità: la protezione dello Stato. Essa divenne così struttura di potere, che adottò per il proprio governo i criteri dell’amministrazione imperiale romana. La collaudata arte politica romana del governare divenne il modello seguito per amministrare la Chiesa, della quale venne così snaturato il carattere del ministero apostolico.


Le ricchezze offuscarono la testimonianza evangelica e resero appetibili i ministeri ecclesiali per motivi non pastorali. 

Dopo Costantino il patrimonio della Chiesa romana crebbe a dismisura per la liberalità dei fedeli e soprattutto per la generosità di altri imperatori e capi di stato. Le stesse ricchezze  permettevano agli ecclesiastici di compiere abbondanti elemosine, di moltiplicare gli edifici di culto e di sfoggiare un lusso talvolta scandaloso. 


Non si può dunque affermare che la perfetta sintonia tra religione  e potere politico, instauratasi nel mondo romano 1700 anni fa, abbia avuto soltanto esiti positivi per la cristianità, poiché sotto certi aspetti non ha proprio favorito l’autentica realizzazione del messaggio evangelico.  
Purtroppo nel corso dei diciassette secoli successivi alla battaglia di Ponte Milvio molto frequentemente gli Stati nazionali e la Chiesa hanno stabilito fra loro non solo rapporti di reciproco rispetto, ma anche relazioni di grande favore da parte dei primi verso la seconda. Relazioni queste non sempre generate da una vera accettazione dei principi evangelici da parte dei governanti, la cui condotta a volte è stata discutibile sia dal punto di vista ideologico che da quello morale. Questi governanti, incautamente considerati “uomini della Provvidenza”, si sono mostrati generosi verso la Chiesa a fini solo elettoralistici, se non addirittura considerandola un  valido instrumentum regni.


E’ quanto mai auspicabile che in futuro la Chiesa non richieda né accetti favori o donazioni dagli Stati nazionali e dagli uomini politici. 


L’attuale vescovo di Roma, FRANCESCO, il quale ha affermato di non dirigere la Chiesa ma di presiederla “nella carità”, rifiuta ogni lusso e impronta il suo stile di vita alla povertà evangelica, indicando al popolo cristiano l’autentica strada della conversione. Questo induce a ben sperare.

Pietro Congedo

giovedì 8 agosto 2013

Gennaio 1986 - Per i 25 anni di attività della Scuola Media G. Palamà


Giuseppe Palamà


Sogliano Cavour, 11 gennaio 1986 

DISCORSO DEL PRESIDE PIETRO CONGEDO

  1 – Porgo il benvenuto a S.E. l’Arcivescovo,  al Provveditore agli Studi, alle Autorità, agli amici e ai colleghi.
   Questa manifestazione è nata dal desiderio di fornire una testimonianza di quello che la Scuola Media di Sogliano Cavour ha “prodotto” nel Comune e nel Salento in 25 anni di attività.
   Al primo punto del programma figura la lettura dei dati statistici elaborati dagli alunni. E’ una lettura indispensabile dal momento che, volendo fare il punto della situazione si guarda a un passato di ben cinque lustri.
   Alla vostra sinistra avete quattro grafici e di fronte un altro. In essi ci sono le indicazioni relative ai 25 anni di attività della Scuola.
   Nel grafico n.1(fig. 1) è indicato l’andamento delle iscrizioni, che è crescente fino al 1979, poi comincia a regredire, come del resto in tutta Italia; c’è una leggera risalita nel 1984-85, che continua anche nel corrente anno scolastico.
   La Scuola si è stabilizzata sulle nove classi, che sicuramente manterrà in futuro.
   L’andamento delle iscrizioni riferito al sesso è indicato dal grafico n.2 (fig.2): i maschi sono indicati col colore celeste, le femmine colore rosa. Complessivamente i rettagoli riproducono in altezza quello che c’è nel n.1. Si rileva un dato interessante: le femmine sono in numero inferiore rispetto ai maschi e questo perché a Sogliano, nelle nascite, c’è una prevalenza del sessode sesso maschile.
   Nel grafico n.3 (manca l’immagine) con colori diversi sono per ogni anno indicati gli scrutinati (in azzurro), i promossi dalla I alla II e dalla II alla III (in rosso) e i licenziati (in giallo).
   Infine il grafico n.4 (fig.3) è importante perchè da esso si desume che l’inadempenza scolastica a Sogliano è pressocchè scomparsa. Infatti nel corrente anno scolastico è scesa allo 0,004% (su 227 obbligati c’è un solo inadempiente).
   Tuttavia i dati dei primi anni non sono indicativi, poiché la Scuola è nata come Scuola Secondaria di Avviamento Professionale, mentre molti ragazzi continuavano a frequentare la Scuola Media nei Comuni vicini. Progredendo nel tempo, si noti come il colore giallo che indica gli inadempienti, si va sempre più riducendo fin quasi a scomparire intorno al 1976, ’77 e ’78. Poi c’è un’impennata, sia nelle iscrizioni sia nelle inadempienze, che rggiungono una cifra record nel 1980. successivamente il numero degli alunni inadempienti comincia di nuovo a regredire fino a scomparire quasi del tutto.
   A partire dal 1963, sono stati licenziati complessivamente n. 962 alunni. Il dato non è riportato nell’aerogramma che avete di fronte (fig.4), poiché ho voluto comunicarlo personalmente.

A nome della Scuola rivolgo un caloroso saluto all’on. Domenico Amalfitano, sottosegretario alla P.I. (arrivato in questo momento – n.d.r.), e lo ringrazio per essere intervenuto in questa nostra manifestazione che, come dicevo prima, è molto importante poiché è un momento di riflessione sulla vita di questa Scuola.

   N° 962 licenziati rappresentano un numero notevole quando si consideri che la popolazione di Sogliano C. è attualmente inferiore ai 4.000. Questi ex alunni sono stati cercati ad uno ad uno, per sapere quale sia la loro attività attuale, ed è stato rilevato quel che si vede nell’aerogramma.
   Il dato più eclatante, 26%, è quello relativo a coloro che esercitano l’attività di operaio. Un’altra area notevole, 23%, è rappresentata da casalinghe e disoccupati. Queste due categorie sono state  unificate, poiché c’è da supporre che molte licenziate hanno ripiegato sull’attività di casalinga, non potendo utilizzare la licenza media, pur avendo, talvolta, conseguito anche una licenza di scuola media superiore. Notevole è l’area degli studenti: 20%. Anche quella degli impiegati è abbastanza estesa: 15%. Gli emigranti rappresentano il 10%, i commercianti il 4% e i liberi professionisti sono meno dell’1%. Il fanalino di coda è rappresentato dal numero di coloro che si dedicano all’agricoltura: 9 su 962 (0,009 %). Questo è un dato sconcertante, ove si consideri che la Scuola è nata come Scuola di Avviamento Professionale a tipo agrario ed collocata in un contesto prettamente agricolo. Forse fra gli inadempienti son inclusi alcuni giovani che, non venendo a scuola, potrebbero essersi dedicati all’agricoltura. Ma anche in tal caso la percentuale di coloro che esercitano l’attività di contadino rimarrebbe sempre intorno all’1%.

   2 – Arrivato in questa sede nel 1970, ho trovato personale docente e non docente che nel primo decennio di esistenza della Scuola avevano maturato esperienza e professionalità notevoli.
   Cinque presidi e diecine di docenti, dal 1960 al 1970, operando generosamente, nonostante le condizioni di estrema precarietà per quanto riguarda locali e suppellettili, avevano gettato solide basi, sulle quali gli Organi Collegiali hanno potuto affrontare, senza traumi e quasi con naturalezza, le grandi novità che hanno caratterizzato il mondo della Scuola negli anni ‘70.
   E’ doveroso ricordare la competenza e la scrupolosità con cui il compianto preside Arnaldo Brescia, che in qualità di reggente, negli anni 1960-61 e nel 1961-62 curò il primo funzionamento dell’Istituto. A lui subentrò il generoso Andrea Reggiani che nel 1963 rilasciò le prime licenze.
   Con serietà e professionalità, l’amico Giacomo Vergine fu preside dal 1964 al 1967, cioè in un periodo particolarmente impegnativo sul piano metodologico-didattico, poiché erano gli anni in cui prendeva corpo la nuova Scuola Media, istituita con legge n° 1859 del 31 dicembre 1962.
   Nel 1967-68 la funzione di preside fu svolta con diligenza ed impegno dalla sig.ra Rizzo-Vergine  Maria.
   Negli anni ’60, presidi e docenti furono coadiuvati dall’ottimo segretario G.Coroneo, dai compianti bidelli Polimeno Paolo e Frassanito Mario e dalla fedelissima Lazzoi Pompea, tuttora in servizio, che rappresenta, perciò, la testimonianza vivente di 25 anni di attività della Scuola.
   Il trasferimento dall’antico convento dei PP. Agostiniani a questo edificio fu effettuato dalla preside Angela Marseglia che diresse la Scuola con entusiasmo e competenza dal 1968 al 1970.
   Il 2 marzo 1970 il Collegio dei Docenti, presieduto da Angela Marseglia deliberò all’unanimità la proposta di intitolare la Scuola a Giuseppe Palamà. Con decreto 26.05.1970, dal Ministero della P.I., fu resa esecutiva l’intitolazione che, come si legge nel verbale del Collegio dei Docenti, era stata adottata “affinchè le nuove gerazioni potessero onorare la memoria” dell’illustre figlio di Sogliano. Perciò in occasione del primo venticinquennio dalla Scuola è sembrato opportuno affidare al preside Carlo Tre l’incarico di commemorare degnamente la figura e l’opera di Giuseppe Palamà.
   Negli anni ’70 gli Organi Collegiali hanno polarizzato il loro impegno soprattutto verso una piena e completa attuazione dei programmi ministeriali del 1963, che , pur nei loro limiti, rappresentavano la più importante innovazione introdotta nella Scuola Italiana.
    Perciò nell’attività didattica fu dato ampio spazio a quella che tutti oggi chiamano operatività e fu tenuta sempre ben presente la svolta socio-culturale in cui questa Scuola si collocava. Appartiene a quel periodo l’allestimento del laboratorio di scienze e di quello di applicazioni tecniche e l’acquisizione al patrimonio dell’istituto di moderni sussidi audio-visivi.
   Tuttavia lo sforzo dei docenti per una scuola in linea con i principi delle moderne scienze dell’educazione non incontrò subito il favore della totalità dei genitori. Ma, per la fedeltà del corpo docente allo spirito della nuova scuola, si è andato instaurando con le famiglie un diverso rapporto che, con il passar degli anni, è andato sempre più evolvendosi. Infatti, contro il vecchio concetto giuridico dell’obbligo scolastico, si è andato affermando il principio del diritto allo studio.
    E’estremamente gratificante per il preside e i docenti constatare che il diritto allo studio degli alunni è oggi assicurato, nonostante la crisi economica, con la consapevole e concreta prtecipazione delle famiglie, anche economicamente più disagiate.
   Ovviamente il Collegio dei Docenti ha operato in maniera da catalizzare, accelerandolo, il processo d’integrazione tra la comunità scolastica e la comunità cittadina. Infatti dal 1970-71 al 1973-74, accogliendo la proposta del Ministro della P.I.contenuta nella Circolare n. 375 del 1970, ha deliberato ogni anno l’istituzione, in via sperimentale, del Consiglio dei Genitori e del Comitato Scuola Famiglia. Quindi a Sogliano la partecipazione famiglie alla gestione della vita della Scuola Media era una realtà già prima dei decreti delegati.
   Facendo perno su tale partecipazione si è programmata l’attività didattico educativa affrontando due fondamentali problemi:
  · integrazione della comunità scolastica con la più vasta comunità sociale e civica;
  · collegamento delle attività scolastiche alla realtà del territorio, allo scopo di recuperare valori e di superare svantaggi, per un consapevole inserimento nella più vasta realta nazionale.
   Ciò ha indotto a programmare con serietà integrative e parascolastiche, in maniera da costiture quasi un ponte fra la scuola e la realtà.
   Questo ponte ideale è stato percorso sia per uscire fuori e verificare sul concreto ciò che si apprende, sia e soprattutto per portare nella Scuola autentiche esperienze di vita.
   Le visite guidate a monumenti, musei, ambienti naturali, botteghe artigiane, piccole industrie ecc. non sono mai state considerate dal corpo docente momenti di evasione, ma invece occasione ad integrare lo “scolastico” con l’“extrascolastico”. Per esempio l’educazione al rispetto della natura è un fatto possibile solo se si riesce a indurre nell’educando la consapevolezza dei numerosi fattori, tra loro interdipendenti, che caratterizzano un ecosistema.Per raggiungere un tale obiettivo non basta lo studio sui libri. Una visita accuratamente preparata ad un biotopo come  “Le Cesine”, stimola l’operatività, impegna nell’approfondimento di varie tematiche e diventa esperienza di vita. Analogamente ci può essere rispetto per i beni culturali e godimento degli stessi solo se la ricerca in classe è seguita da una esperienza turistica graduale, ma sempre intensamente vissuta.
   Ricerche e visite guidate sui Bizantini nel Basso Solento, sui monumenti normanni esistenti in Terra d’Otranto, sulla chiesa di S.Caterina in Galatina, sul Barocco leccese ecc. sono stati passi successivi di un’esperienza educativo – culturale, consapevolmente vissuta nel “vicino”, che può arricchirsi “lontano, per es., con visita motivata ed adeguatamente preparata al duomo di Oevieto o al Palazzo pubblico di Siena.
   Inoltre Collegio dei docenti e Consigli di classe, programmando per le 160 ore, di cui all’art. 7 della L. 517/1977, hanno dato ampio spazio all’educazione all’immagine e all’“educazione ALL’immagine e CON l’immagine. Infatti, poiché i ragazzi subiscono il fascino e l’aggressione continui dei fumetti, dei manifesti, degli spots pubblicitari, degli sketchs televisivi e soprattutto dei dei films, si è cercato di far acquisire agli alunni adeguate abilità nella lettura e nell’interpretazione critica de messaggi grafici, televisivi e cinematografici. Il massimo impegno in tal senso è rappresentato, da sei anni a questa parte, dalla lettura strutturale di un certo numero di films, impostata e condotta secondo gli insegnamentidi Nazareno Taddei.
   Anche nel settore ginnico-sportivo e dell’educazione fisica non sono mancate le iniziative degli Organi Collegiali. Ma le difficoltà incontrate sono state veramente scoraggianti. Infatti la pratica sportiva è stata molto limitata, poiché non esiste palestra scoperta e quella coperta ha il pavimento sdrucciolevole e l’illuminazione costituito da tubi a neon sospesi al soffitto senza protezione.
   Inoltre ogni anno si è costretti a formare squadre maschili e femminili con alunni appartenenti a classi successive e vi prestano sevizio e vi prestano servizio più docenti, tutti per un esiguo numero di ore. Per ovviare a questi inconvenienti di carattere didattico-organizzativo, nel marzo 1985, è stato presentato un progetto per la sperimentazione dell’insegnamento dell’E.F. per squadre miste di alunni ed alunne. L’iniziativa ha avuto il parere favorevole del Consiglio Scolastico Provinciale e dell’I.R.R.S.A.E.-Puglia ma non ha ottenuto l’approvazione del Ministero della P.I., che peril corrente anno scolastico on ha concesso nuove sprimentazioni.  Per di più il sistema informatico nel formare le cattedre ci ha penalizzati. Infatti attualmente 10 ore di E.F.M. sono distribuite fra tre insegnanti e per 8 ore di E.F.F. ci sono due docenti: cinque insegnanti per 18 ore, che potrebbero essere assegnate ad una sola persona, se le squadre fossero miste !

   3) – Nel contesto di una vera integrazione tra Scuola e reltà moderna della società è maturata l’ adesione al progetto I.R.I.S. (Iniziative e Ricerche per l’Informatica nella Scuola), proposto dal C.E.D.E. (Centro Europeo dell’Educazione) di Frascati. Infatti il Collegio dei docenti ha trovato interessanti e opportune le finalità di detto progetto, che possono essere riassunte in due punti:
a)      sperimentazione di un’insieme organico di materiali didattici relativi al settore informatico;
b)      idagini e ricerche sugli effetti dell’introduzione di scienze e tecnologie dell’informazione nei curriculi scolastici.
   In pratica si tratta d’introdurre particolari unità didattiche nelle normali discipline scolastiche dell’area tecnico scientifica e di quella linguistica, non avendo però come scopo principale l’acquisizione sistematica di competenze in formatiche. Infatti i più importanti obiettivi, comuni a tutte le unità didattiche, proposte dal C.E.D.E., sono i seguenti:
  · familiarizzare con alcuni concetti informatici relativi a situazioni della vita quotidiana;
  · saper distinguere fra risolutore di problemi ed esecutore di comandi; 
  · saper definire operativamente un problema, analizzare i dati disponibili, formulare una ipotesi, scegliere un metodo, gestire l’errore e comunicare i risultati;
  · saper scomporre un problema complesso in una sequenza di azioni semplici;
  · abituare all’analisi del funzionamento di un automa sequenziale mediante i diagrammi di flusso, i grafi di transizione e le tabelle;
  · esprimere in un linguaggio convenzionale le procedure identificate;
  · migliorare con il lavoro di gruppo la capacità di collaborare.
   Sarebbe stato più facile introdurre elementi d’informatica, adottamdo criteri e metodi che non costringessero al rispetto di precise regole di organizzazione e di verifica. Invece si è accettato il progetto I.R.I.S. e il conseguentecontrollo del C.E.D.E. nell’intento di effettuare con serietà una sperimentazione metodologico-didattica, secondo quanto previsto dall’art. 2 del D.P.R. 419/1974. Ciò ha comportato e comporta un notevole impegno organizzativo e soprattutto una grande disponibilità dell’intero corpo docente all’aggiornameto, inteso sia come arricchimento culturale e professionale, sia come confronto di esperienze.
   Perciò in questa sede scolastica, all’inizio del corrente anno, ci sono stati, in ore pomeridiane, e attualmente, sempre nel pomeriggio, cinque docenti sono impegnati a Lecce per un corso di informatica di base organizzato dall’I.R.S.A.E.- Puglia e articolato in trenta incontri.
   Inoltre, per poter fornire agli alunni le dispense su cui studiare, gli uffici della Scuola  hanno hanno fino ad oggi battuto ben 190 matrici per ciclostile, che talvolta hanno richiesto anche una particolare competenza in disegno, a causa  delle vignette e dei grafici riportati.
   Infine è stato necessario provvedere all’acquisto delle apparecchiature necessarie per allestire un’aula d’informatica. A tal fine, per ovviare alla scoraggiante esiguità dei fondi della Cassa Scolastica, sono state avanzate esplicite richieste di finanziamento al sig. Provveritore agli Studi, alla Direzioni di Istituti Bancari e al Comune di Sogliano Cavour. Poiché non sono mancate le risposte positive, corre l’obbligo ringraziare il dott. Luciano De Rosa e i suoi diretti collaboratori per aver fatto ottenere un contributo ministeriale straordinario di £ 3.500.000, il dott. Enzo Vallone per aver donato tutte le apparecchiature necessarie per un posto di lavoro (Commodore plus 4, monitor, stampante e floppy disk drive), la Banca Mongiò e la Banca Sud-Puglia che hanno contribuito rispettivamente con £ 300.000 e £ 200.000.
   Grazie anche agli Amministratori Comunali di Sogliano Cavour, che, sia pure con qualche vincolo, hanno affidato agli Organi Collegiali di questa Scuola la gestione di una parte dei fondi ordinari e straordinari, stanziati dalla Regione Puglia per il diritto allo studio.
   L’aula che questa sera sarà inaugurata e stata arredata con vecchi tavoli riparati e tinteggiati, ha in prestito sedie di altre aule e manca ancora di numerose apparecchiature e suppellettili.
   Negli anni passati di avere gli strumenti indispensabili ad una didattica veramente muove è stato necessario operare delle scelte. Perciò, mmentre si dispone di numerosi sussidi didattici e audivisivi, è urgente rinnovare le macchine da scrivere ed acquistare una fotocopiatrice, un riproduttore elettronico di matrici per ciclostile e tanto materiale di facile consumo.
   Il Consiglio d’Istituto, il Collegio dei docenti e i Consigli di classe, consapevoli che le stimolanti esperienze didattiche in atto in questa Scuola sono notevolmente produttive sul piano educativo e su quello dell’orientamento scolastico e professionale, si rivolgono con fiducia alle autorità ed agli amici presenti chiedendo:
 · strutture edilizie sicure e accoglienti;
 · suppellettili in quantità sufficiente ed adeguate agli usi a cui sono destinate;
 · fondi sufficienti per il rinnovo e l’acquisto delle apparecchiature e dei sussidi indispensabili agli uffici e all’attività didattica;
 · mezzi finanziari per poter realizzare autentiche attività integrative ed iniziative di sostegno.
   Concludendo, sento di poter affermare che tutti gli operatori di questa Scuola vogliono assicurare la piena formazione della personalità degli alunni mediante un insegnamento improntato al rigoroso rispetto dei programmi ministeriali, ma ricco di creatività e aperto alle aspettative suscitate nei giovani dai problemi della vita reale.
                                                                                                 Pietro Congedo
                                                                             
                         

INTERVENTO  DEL  PROVVEDITORE  AGLI   STUDI LUCIANO DE ROSA

   Rompo il ghiaccio io, come provveditore, manifestando la mia meraviglia per l’esemplarità di questa serata, nella quale la retorica è assolutamente bandita. E’una serata nella quale una scuola fa il bilancio di 25 anni di esistenza: anni che sono pochi rispetto a una vita umana, ma sono molti se costituiscono una storia delle generazioni che da questa scuola sono state educate, sono uscite alla vita.
   I grafici formulati con lo studio degli alunni dimostrano, al di là delle cifre, quale è stata l’azione educativa che questa scuola ha svolto nella comunità cittadina.
   La relazione del preside, così completa nei suoi dati, ci mostra il fervore di attività e di rinnovamento, che sempre ha animato la Scuola Media di Sogliano e che la anima e che si vuole continui ad animarla.
   Il discorso del Sindaco dimostra la vicinanza dell’ammininistrazione comunale alla sua scuola, nata come scuola agraria e poi trasformatasi in media unica.
   La bellissima, scientifica ma anche umanissima relazione del Preside Carlo Tre su Giuseppe Palamà, non ha bisogno di commenti. Vorrei soltanto aggiungere questo: all’elenco degli alunni di Giuseppe Palamà, citati dal prof.Tre, sono ben lieto di accodarmi, poiché ho avuto il prof. Palamà docente al Ginnasio inferiore e superiore poi al Liceo “Palmieri” di Lecce.
   Giuseppe Palamà, dal ritratto che ne ha fatto il preside Tre, è balzato alla mia memoria così com’era. In effetti, era così: un gigante fisicamente, ma un gigante anche intellettualmente; un uomo di grandissima scienza, ma anche di una grandissima umanità. Le sue lezioni di fisica e di matematica erano il centro di una irradiazione umana veramente straordinaria.
   In ciascun allievo Egli  è rimasto nella coscienza come un faro di rettitudine e di sapienza, un faro di amore per la cultura, di cui non gli saremo mai sufficientemente grati.
   La partecipazione a questa cerimonia è stata veramente una gioia per me; perciò rendo atto alla scuola, al suo solerte e diligentissimo preside, di un’attività che onora veramente il Nome a cui la Scuola è intitolata.
                                                                                          Luciano De Rosa



INTERVENTO  DEL SOTTOSEGRETARIO ALLA P.I. DOMENICO M. AMALFITANO

   Eccellenza, signor Sindaco, autorità tutte, il Preside ha chiesto una parola di incoraggiamento.
   Devo dire invece, che da questa manifestazione, da questo incontro che come ha sottolineato il Provveditore manifesta la vitalità di una comunità educante, io sono il primo a trarre incoraggiamento.
   Quindi il mio ringraziamento è davvero sentito.
    Preside, io davvero La ringrazio, La ringrazio per l’occasione di un bilancio di 25 anni della istituzione scolastica.
    Io sostengo, e non da ora, che sarebbe molto interessante riscoprire la storia della scuola italiana, proprio dal particolare punto di vista de coinvolgimento delle comunità locali.
   Questo l’ha fatto molto bene il preside. Abbiamo visto anche i grafici sui 25 anni di questa scuola, che sono 25 anni, signor Sindaco, della vera storia di una comunità locale. Essi esprimono veramente che cosa è e può essere una presenza educante, quale significato autentico può assumere la scuola all’interno di una comunità civile e democratica.
   A un Sottosegretario si ricordano sempre le cose che deve fare il Ministero, che cosa deve fare il Parlamento. E’opportuno gli si ricordino omissioni e inadempienze. Però, preside, io le do atto (lo dico a Lei e a tutto il corpo docente che lei rappresenta) che mi ha praticamente qui, questa sera, dato la conferma, se ce ne fosse bisogno, di un convincimento: sono sempre gli insegnanti che fanno la scuola!
   Possiamo fare le leggi, le dobbiamo fare, anche migliori, più adeguate; ma il problema vero è che anche all’interno della organizzazione della attuale istituzione scolastica italiana, se lo si vuole, se si ha passione e competenza (le due cose vanno sempre insieme), queste esperienze si possono fare, possono crescere e non ci sono spazi per giustificare inadempienze.
   Perché una comunità scolastica, che vive, cresce in questo lindore,in questa pulizia, che è soprattutto pulizia di coscienza (ormai almeno questa intuizione, da politici, l’abbiamo, mettendo il piede in un istituto scolastico), è certamente il migliore sprone, forse anche il maggiore rimprovero, ad una classe politica che certamente sulla scuola deve fare esami di coscienza e deve riconoscere l’importanza del primato educativo all’interno della società.
   E allora non posso se non ribadire questa dimensione di soddisfazione e anche di gratitudine.
   Preside Congedo, questa sera La prego di cogliere,e sono sicuro di interpretarlo nella massima e completa autorevolezza il grazie della responsabilità politica preposta al Ministero della Pubblica Istruzione. E vorrei dire che quello che Lei ha detto e la garanzia anche di come un cammino di rinnovamento della scuola si fonda all’interno stesso della Scuola.
   E’ la scuola che rinnova se stessa!
   E’ la scuola che fonda se stessa.
   Certamente qui, al 90 per cento, ci sono uomini di scuola; ma credo che anche chi non è uomo di scuola abbia colto quello che è questa cultura dell’innovazione, all’interno del consuntivo che Lei ha fatto, evidenziando una cosa non molto diffusa.
   Devo dire, che in un certo qual modo, mi sono meravigliato non questa sera, ma 20 giorni fa, quando ho appreso l’impegno per il progetto pilota I.R.I.S., che riguarda la sperimentazione dell’insegnamento dell’informatica.
  Il vero problema di oggi è cercare l’impostazione più corretta per introdurre l’informatica all’interno della Scuola; non si tratta di andare a creare indirizzi mirati, perche la scuola possa diplomare analisti e programmatori.
   Certamente esiste questa esigenza, però è l’esigenza meno importante.
   Qui si tratta di cominciare a metterci in condizioni di misurarci con un nuovo tipo di cultura, con un nuovo modo di saper leggere, di saper scrivere, di saper fare di conto, che non può certamente non tenere in attenzione quello che è l’utilizzo strumentale, come nuovo sussidio didattico del calcolatore.
   E il preside ha sottolineato che non è un curriculo a parte, ma sono unità didattiche distribuite fra le normali discipline, e che io mi auguro abbiano la piu alta valenza d’interdisciplinarità.
   Non sono molte le scuole che stanno facendo questo tipo di sperimentazione in questo momento particolare della società italiana, in cui alla scuola si ritorna con attenzione, soprattutto da parte dell’utenza.
   Infatti c’è un passaggio, nella relazione di quest’anno sulla situazione del Paese, che mi pare molto importante. Si dice che la società italiana da più anni è interessata ad un processo formativo
Qualche anno fa questo processo formativo si cercava di realizzarlo in maniera piuttosto improvvisata. Ed erano calati un po’l’attenzione e il credito nei riguardi della scuola circa la possibilità di dare risposte alle esigenze e domande educative. Si mandavano i propri figli a scuola, però ogni famiglia si impegnava in proprio per il corso d’inglese, di basic, di ginnastica, di karatè ecc. . Inaltri termini, daparte delle famiglie si sollecitavano i propri figli ad un processo educativo di cui la scuola non diventava il momento sintetico vissuto. Si cercava di trovare momenti e sollecitazioni aldi fuori della scuola.
   Oggi, invece, c’è un ritornare alla scuola per chiedere ad essa un adeguamento di capacità, di risposta ad una domanda educativa non è fatto dai quanta, ma è fatto dal quantum. E quindi e anche una considerazione, oggi, di impostazione, di rinnovamento, di adeguamento, non (come io ho detto altre volte) aggiungendo dessert o antipasti, ma cercando di irrobustire il contenuto vero di quello che deve essere il rapporto e il dialogo educativo, che deve essere compreso in notevole importanza ma non in maniera esaustiva nella scuola.
   Credo che qui a Sogliano ci sia questa esigenza, mi pare che ci sia questa domanda. E devo ringraziare il Sindaco ed anche i rappresentanti di enti pubblici e privati di questa collaborazione, di questa attenzione al momento scolastico, di questo sentire realmente la scuola come il luogo dove la comunità civile fonda, garantisce, investe su se stessa.
   Io chiudo con un augurio.
   Al professore Palamà mancava il calcolatore, alle generazioni che vengono oggi il calcolatore lo stiamo dando. Speriamo che le generazioni postume del prof. Palamà, qui a Sogliano, sappiano fare col calcolatore le stesse cose che Egli ha saputo fare senza averlo. E’ l’augurio che io faccio a questa comunità, ricordandomi del saper leggere, scrivere e far di conto.
   Un grande salentino (me lo ha ripetuto spesso Donato Valli!) soleva dire che la gente del Salento forse per parecchio tempo non ha saputo leggere, ma ha sempre saputo scrivere. Oggi dobbiamo andare a scuola soprattutto per saper leggere quella civiltà, che anche coloro i quali non sapevano leggere, i nostri avi, hnno saputo scrivere. Perché, se sappiamo leggere le cose che i nostri avi hanno saputo scrivere, sapremo certamente per il futuro leggere, scrivere e far di conto.

                                                                                Domenico Maria Amalfitano
                                                                              Sottosegretario di Stato al Ministero della Pubblica Istruzione 

mercoledì 7 agosto 2013

MDCC anniversario dell’editto di Costantino occasione di confronto ecumenico ed interetnico


A settembre del 2010, nel corso di un viaggio in Serbia per visitare gli antichi monasteri  ortodossi, visitai anche la Cattedrale di Belgrado, presso il Patriarcato della Chiesa Ortodossa Serba. Ambienti questi in cui circolava l’idea grandiosa di celebrare nel 2013 a Nis [ovvero nell’antica Naisso, appartenente alla provincia romana di Mesia, che è la città natale dell’imperatore romano Costantino I] il 1700° anniversario dell’editto di Milano con l’intervento del Pontefice romano, di tutti i Patriarchi ortodossi e dei leader delle varie Confessioni prrotestanti.
Si pensava infatti che l’occasione e il luogo geografico [Nis è a sud di Belgrado, da cui dista 220 chilometri] potessero essere l’appropriata area “neutra” per lo storico appuntamento.  Purtroppo nel mettere in pratica la suddetta idea, fu constatato che vari settori della società serbo-ortodossa, a causa di irrisolti problemi storici con i  cattolici croati, relativi a fatti accaduti durante la seconda guerra mondiale, si opponevano alla presenza del Papa. Pertanto l’evento giubilare dell’Editto durante il corrente anno viene celebrato dalle varie Chiese con proprie iniziative.
Ad esempio: a) per la Chiesa ortodossa di Serbia, il Presidente della Repubblica, Tomislav Nikolič, insieme al Patriarca ortodosso, Irinej, ha costituito a tal fine un apposito Comitato nazionale, di cui fanno parte anche rappresentanti della Chiesa Cattolica e delle Comunità protestanti locali; b) dalla Chiesa cattolica serba sono stati programmati incontri sia di preghiera che culturali; in particolare nel maggio scorso, da parte dell’arcidiocesi di Belgrado e di quella di Jacovo in Croazia, è stato organizzato un Simposio su “Costantino e la libertà religiosa”, iniziato a Srjem,  città di S. Girolamo, dove l’imperatore fu educato, e conclusosi a Belgrado; c) la celebrazione più importante da parte cattolica avrà luogo a Nis nei giorni 20 e 21 settembre 2013 con l’intervento dell’arcivescovo di Milano, card. Angelo Scola: s’inizierà con una Via Crucis per le vie della città in memoria della Croce di Cristo, riscoperta a Gerusalemme dalla madre di Costantino, S. Elena, e in memoria della croce che sarebbe apparsa a Costantino nel 312, alla vigilia della battaglia di Ponte Milvio; si concluderà con una solenne concelebrazione, che avrà luogo nell’ampio stadio comunale, in quanto si prevede una grande afflusso di fedeli, provenienti sia dai Paesi balcanici che da altri Stati del mondo; d) a Milano è stata già allestita nel Palazzo Reale la mostra “Costantino 313 d.C.”, ideata dal Museo Diocesano in collaborazione con forze diverse, dalle università lombarde ad alcuni dei più prestigiosi musei del mondo. Infatti  con oltre duecento opere è stato realizzato un percorso storico-artistico relativo alla Mediolanum capitale dell’Impero d’occidente; e) nel prossimo mese di ottobre ci sarà anche una mostra su Costantino nel Braccio Carlo Magno in Vaticano, con reperti romani del Museo nazionale di Belgrado; f) il prossimo 8 ottobre a Belgrado per la prima volta sarà eseguita l’opera musicale “In Hoc Signo”, il cui libretto è stato scritto dal serbo-ortodosso Dejan Miladinovic, direttore artistico dell’Opera di Belgrado, e musicato dal cattolico mons. Marco Frisina, ben noto a noi galatinesi per aver presentato nella nostra Chiesa Matrice sue importanti composizioni
Le suddette e tante altre celebrazioni, effettuate o programmate anche a York (Gran Bretagna), Treviri (Germania), Arles (Francia), Smirne (Turchia) e Petroneil-Carnuntum (Austria) sono da ritenere non solo opportune, ma assolutamente doverose, poiché l’editto imperiale, emanato a Milano 1700 anni fa, ha impresso una svolta fondamentale alla storia dell’umanità.

Flavius Valerius Aurelius Costantinus nacque probabilmente nel 280 da Costanzo Cloro ed Elena. L’imperatore Diocleziano aveva nominato Costanzo Cloro augusto, cioè imperatore, insieme a Galerio, in un periodo storico caratterizzato dalla divisione in quattro parti dell’Impero, delle quali due rette da “augusti” (ovvero imperatori) e le altre due rette da “cesari” (ovvero designati a succedere agli imperatori).
Costantino era in Britannia col padre quando costui morì combattendo contro i barbari (306).  Egli venne subito acclamato imperatore dalle truppe già comandate da Costanzo Cloro. Per reazione venne eletto a Roma  Massenzio, figlio del  tetrarca Massimiano, che il 28 ottobre 312 venne sconfitto da Costantino nella battaglia di Ponte Milvio, in località Saxa Rubra. Fu in quell’occasione – secondo la leggenda tramandata dallo storico Eusebio, vescovo di Cesarea – che  all’imperatore apparve una croce nel cielo con la scritta “in hoc signo vinces”.
Nel febbraio del 313 Costantino (280 – 337) [che era al potere come augusto insieme a Licinio (250 – 325)], emanò l’editto di Milano, con il quale permise ad ogni suddito dell’Impero di scegliere la religione secondo la propria coscienza, rendendo così lecita la religione cristiana, che tanto era stata perseguitata in passato, particolarmente da Diocleziano.
Le celebrazioni del 2013 serviranno a ricordare al mondo che tale editto è alla base dei valori cristiani della civiltà europea. L’Arcivescovo cattolico di Belgrado, Stanislav Hocevar, ha affermato che le stesse possono essere un’opportunità per avviare un dialogo più profondo nel campo dei valori culturali e religiosi, insieme al dialogo ecumenico e interreligioso. Anche il Mufti di Belgrado, Muhamed Jusufspahic, ha sottolineato l’importanza dell’editto di Milano per i credenti di tutte le religioni.
A conclusione di questo articolo conviene accennare al fatto che in ordine alla presunta apparizione in cielo del segno della croce di Cristo, gli studiosi sono andati alla ricerca di riferimenti astronomici, che potrebbero giustificare la famosa visione, avvenuta nella notte tra il 27 e il 28 ottobre 312. In particolare l’astronomo Fritz Heiland del Planetario di Jena, dopo aver ricostruito il cielo del 312, notò che proprio nell’autunno di quell’anno Giove, Saturno e Marte, tre pianeti molto luminosi, si trovavano vicini ed allineati tra le costellazioni del Capricorno e del Sagittario. Una tale configurazione potrebbe essere stata interpretata come  segno di buon auspicio. Lo stesso Heiland ha anche appurato che il 27 ottobre 312 subito dopo il tramonto campeggiava nel cielo la costellazione del Cigno, detta appunto “Croce del nord”.    
Interessante a questo proposito è l’affresco di Piero della Francesca, intitolato “il sogno di Costantino”, nel quale è riprodotto il cielo stellato relativo all’evento, dove un angelo dall’aspetto di cigno porge una croce all’imperatore.
Comunque tutti gli studiosi concordano sul fatto che l’imperatore Costantino dopo la visione fece incidere sui labari delle proprie truppe la lettera greca Χ (chi), simbolo di Cristo, essendo essa l’iniziale del nome del Redentore scritto in greco Χριστός  ovvero Christòs (secondo l’alfabeto latino).

Pietro Congedo

venerdì 14 giugno 2013

Un eccellente medico galatinese del ventesimo secolo


Nel secolo scorso, specialmente dopo l’avvento del Governo fascista, nell'antico Ospedale Civile di Galatina, amministrato dalla Congregazione di Carità (C.d.C.), si andavano modernizzando i servizi  e la composizione del corpo sanitario.  
Infatti all’inizio del 2°decennio era ancora in vigore nel Nosocomio il Regolamento approvato dalla C.d.C. il 25.08.1908, che prevedeva una “facoltà medica” costituita da un medico, un chirurgo e due assistenti medici (v. art.26) i quali avevano “… l’obbligo di prestare servizio nella sala di chirurgia e cure mediche, che si tengono nell'Ospedale a beneficio dei poveri infermi, di curarli di qualunque malattia fossero affetti, prescrivendo loro le medicine …necessarie, restando vietato di prescrivere medicine di lusso e specialità, massime quando possono queste essere supplite con succedanei (v. art. 29)”.
Ma il 5 marzo 1925 la Giunta Provinciale Amministrativa ( G.P.A.) approvò un nuovo regolamento, elaborato e proposto dalla C.d.C. il 7 dicembre 1924, per il quale il corpo medico era costituito: “…  a) da due titolari, un medico ed un chirurgo; b) da due supplenti od assistenti effettivi; c) da un numero indeterminato di assistenti volontari;…(v. art. 1)”.
Il giovane Sante De Paolis di Angelo, nato a Galatina il 7 marzo 1897, dopo aver conseguito brillantemente la maturità classica  nel liceo ‘P. Colonna’ della propria città, si laureò presso l’Università  di Napoli il 20 luglio 1920 in medicina e chirurgia col massimo dei voti e la lode.
Egli dopo il servizio militare di leva, dal quale si congedò verosimilmente come ufficiale medico, il 5 febbraio 1922 fu nominato ‘assistente’ nell’Ospedale, secondo il sopraccitato regolamento del 1908. Lo stesso, però, nel dicembre 1924 fu confermato in servizio quale  ‘assistente effettivo’ e assegnato al reparto di medicina con l’obbligo di sostituire il direttore medico in caso di assenza, come disposto dall’art.4 del nuovo regolamento.
Il 6 aprile 1928, in seguito alle dimissioni dell’ultimo di una serie di Ufficiali Sanitari Comunali provvisori, il Podestà di Galatina, Domenico Galluccio, trasmise al R. Prefetto l’elenco dei medici galatinesi liberi esercenti (ovvero non dipendenti dal Comune come medici condotti od altro), dei quali soltanto due, il dr. Sante De Paolis e il dr. Ernesto Vernaleone, avevano frequentato il 1°Corso Complementare di Igiene Pratica per Ufficiali Sanitari, tenutosi nell’Università di Firenze.

Successivamente il R. Prefetto di Lecce decretò quanto segue: 
«Il dottor De Paolis Sante fu Angelo di anni 31 è provvisoriamente incaricato delle funzioni di Ufficiale Sanitario del Comune di Galatina a partire dal 1° maggio prossimo e con l’annuo assegno stabilito in bilancio.  Il Podestà di Galatina è incaricato della esecuzione del presente decreto.
Lecce, 24 aprile 1928                                                                                                     Il Prefetto - F.to Negri
»
Per  effetto di tale provvedimento prefettizio il dr. De Paolis ebbe prima un’incarico provvisorio di Ufficiale Sanitario di Galatina  dal 01.05.1928 al 09.05.1929.
L’incarico definitivo per lo stesso ufficio gli fu poi conferito dal R.Prefetto il 10.05.1929, con decreto n. 1215, e dal Podestà di Galatina con deliberazione n. 59 / 11.05.1929. 
Così l’Ufficio Sanitario della nostra Città ebbe per la prima volta un direttore titolare.  
Intanto il Governo fascista, nell'intento di adeguare al nuovo corso politico anche le Opere Pie,  con la legge n.413 / 04.03.1928 aveva disposto che  la C.d.C. fosse costituita da un Presidente, assistito dal cosiddetto Comitato dei Patroni, che era composto da 4 membri ed aveva attribuzioni esclusivamente consultive. Sia il Presidente che i Patroni erano nominati direttamente dal Prefetto.
Pertanto toccò al Presidente Fedele Sambati effettuare, sentiti i Patroni, la stesura di un nuovo ‘regolamento sanitario dell’Ospedale’ (il terzo imposto dal Regime nell’arco di 10 anni), che entrò in vigore nel 1934. Questo fra l’altro disponeva: 
“ a] Il corpo medico è costituito: 1) da tre titolari: un medico, un chirurgo ed un dirigente di laboratorio batterologico; 2) da tre assistenti effettivi; 3) da un numero indeterminato di assistenti volontari;…(v. art. 1).
   b] Il medico, il chirurgo ed il dirigente di laboratorio sono direttori del proprio reparto; a ciascuno di essi è affidato il materiale del reparto al quale è preposto.(Art. 3).
   c] Dei tre assistenti effettivi, uno è assegnato al reparto medico, gli altri due al reparto chirurgico… . (v. art. 4).”
Gli Amministratori dell’Ospedale di Galatina, che sin dal 1930 avevano provveduto all'acquisto di apparecchiature per semplici esami clinico – chimici, soltanto il 28 giugno 1936 istituirono un vero e proprio laboratorio batteriologicoa dirigere il quale fu provvisoriamente incaricato  il dr. Sante De Paolis, il quale, essendo retribuito come assistente effettivo, non avrebbe ricevuto alcun compenso aggiuntivo e, cosa importante, era nella possibilità di usare apparecchi di sua proprietà, tra cui il microscopio, che la C.d.C. non era in grado di acquistare a causa dell’elevato costo.
Il 26 febbraio 1940, in seguito alle dimissioni del dott. Carmine D’Amico da Capo-reparto di medicina e da Direttore Sanitario, l’E.C.A. [Ente Comunale di Assistenza, subentrato nel 1937 alla C.d.C. nella gestione dell’Ospedale] attribuì in via provvisoria al dr. Sante De Paolis anche la Direzione dell’Ospedale, con l’assegno annuo di £ 440.
Dopo il bombardamento dell’aeroporto di Galatina, avvenuto il 2 luglio 1943, l’E.C.A. avviò con appositi fondi ministeriali l’erogazione di un’indennità giornaliera di £ 22 ad ogni dipendente del Nosocomio “a risarcimento dei danni dovuti ad offese nemiche”, dalla quale erogazione erano però esclusi tutti i medici. Perciò il dr. Sante De Paolis, in qualità di direttore sanitario, avanzò un’esplicita richiesta per un contributo straordinario ai sanitari. 
Il 30 giugno 1943 detta istanza fu presa in esame dal Consiglio di Amministrazione (C.d.A.) dell’Ente, il quale s’impegnò di  prender in considerazione le possibilità di bilancio ai fini della concessione del beneficio richiesto e, nello stesso tempo, espresse compiacimento e lode al dr. De  Paolis per l’opera assidua ed intelligente che egli svolgeva a favore degli infermi.
In data 3 giugno 1949 il C.d.A. presieduto dal colonnello Pietro Gaballo, nel rispetto dell’art.7 del Regolamento Sanitario, che fra l’altro disponeva testualmente “ L’ammissione del personale effettivo è fatta per concorso e soltanto per titoli (sic)…”,  procedette alla sistemazione definitiva esclusivamente del dr. Sante  De Paolis, direttore sanitario dal 1940 (e in servizio nell'Ospedale dal 1922), e del prof. Donato Vallone, capo-reparto di chirurgia dal 1933, mentre tutto il rimanente personale continuava ad essere ritenuto, come sempre, incaricato provvisoriamente.
Dal marzo 1954 al gennaio 1957 l’E.C.A. (e quindi l’Ospedale) fu gestito dal Commissario Prefettizio, dott. Gaetano Laforgia, il quale nominò provvisoriamente capo-reparto di medicina il prof. Luigi Capani. Questi assunse servizio il 1° gennaio 1955, ma il dr. Sante De Paolis conservò l’incarico di direttore sanitario e, come tale, nel settembre 1955 fece parte della Commissione esaminatrice del 1°concorso pubblico nella storia del Nosocomio, che riguardava l’assunzione di un’ostetrica e fu vinto dalla sig.ra Carmela De Benedittis.
Il 15 gennaio 1955 il neolaureato dr. Angelo De Paolis, figlio del dr.Sante, fu nominato assistente volontario e assegnato al reparto di medicina, con particolare attribuzione al  gabinetto batteriologico, per il quale era stato finalmente acquistato un microscopio Zeiss, completo di accessori, per £ 327.540.
Il dr. Sante De Paolis alla fine del 1° semestre  del 1956 presentò domanda di dimissioni da direttore sanitario dell’Ospedale, carica questa dichiarata incompatibile con quella di Ufficiale Sanitario Comunale di ruolo da lui stesso ricoperta. Il 2 luglio il Commissario G. Laforgia ne prese atto ed avviò la procedura per la liquidazione all’interessato dell’indennità di buonuscita ammontante a £ 396.000, pari ad uno stipendio per ognuno dei 33 anni di servizio prestati.
Da quanto sopraesposto si evince che il Nostro è stato un antesignano in tutti i ruoli rivestiti: primo ‘assistente effettivo’ dell’Ospedale (1924); primo ‘ufficiale sanitario comunale’ fornito di titolo specifico (1928); primo ‘dirigente del laboratorio batteriologico ospedaliero’ (1936); primo ‘direttore sanitario con sistemazione definitiva’(1949); membro della commissssione esaminatrice del 1°concorso bandito dall’Ospedale (1955) ed, infine, primo dipendente di ruolo del Nosocomio  ad essersi dimesso dopo 33 anni di ininterrotto servizio (1956).
Ma dopo tali dimissioni il dr. Sante De Paolis continuò a dirigere con grande autorevolezza l’Ufficio Sanitario Comunale e, soprattutto, a dedicarsi con passione, diligenza e successo non comuni all'esercizio privato della medicina generale. In questa veste è stato direttamente conosciuto e molto apprezzato anche dalla famiglia dello scrivente.
Da Ufficiale Sanitario andò in pensione per raggiunti limiti di età, ma privatamente con immutata dedizione continuò l’attività di medico di base finché le forze glielo consentirono. 
Il dr.Sante De Paolis morì a 85 anni nel 1982.
Dalla Sua scomparsa è trascorso ormai più di trentennio e Galatina nulla ha ancora fatto per ricordarlo, non sarebbe opportuno almeno intitolare al suo nome una strada della Città ?
Pietro Congedo

giovedì 30 maggio 2013

Nel 1926 il primo 'Pronto Soccorso' di Galatina


Un “servizio di pronto soccorso” fu istituito per la prima volta a Galatina nel 1926, ma non nell’Ospedale Civile, nel quale purtroppo l’ambulatorio chirurgico funzionava nei giorni pari della settimana e soltanto per un’ora, mentre addirittura mancava il medico di  guardia, che potesse in ogni momento intervenire nei casi urgenti dovuti a ferimenti, infortuni ed altre cause violente.    
Molto opportunamente, quindi, il 2 agosto 1926 entrò in funzione l’ISTITUTO POLITERAPICO / CON POSTO DI PRONTO SOCCORSO IN TUTTE LE ORE, avente sede in via Del Balzo, 35 e via Garibaldi, 32 – Galatina. In  esso prestavano la propria opera i dottori: 
  • Salvatore Tarantino– chirurgia, 
  • Augusto Leante – otorinolaringoiatria, 
  • Nicola Megha – malattie interne e dei bambini,  
  • Antonio Russo – malattie degli occhi, 
  • Nicola Bardoscia e Felice Capano – consultazioni e cure medico-chirurgiche, 
  • Paolo Vernaleone – malattie urinarie, sifilitiche e della pelle. 

La Sezione chirurgica (degenza e operazioni) si trovava in un altro stabile, sito in via Guidano.


In particolare il “servizio di pronto soccorso” era stato affidato ai dottori Felice Capano e Paolo Vernaleone. Questi il 1° settembre indirizzarono una lettera al Commissario Prefettizio Giacomo Palmisani (all’epoca reggente del Comune), alla quale allegarono il ‘resoconto clinico’ del proprio lavoro,  svolto dal 2 al 31 agosto e consistente nell’aver di giorno o di notte soccorso e curato con sollecitudine complessivamente n.33 pazienti.
I due sanitari, ritenendo “non disprezzabile” l’attività svolta in un solo mese, nel loro scritto pregavano il Commissario di considerare che in Città “la classe dei poveri era abbastanza estesa” e proprio in essa più frequentemente si verificavano “casi di pronto soccorso”, per  far fronte ai quali occorreva sia l’opera del medico che la disponibilità “di materiale costoso (medicatura e medicinali)”.
Gli stessi concludevano affermando testualmente: «Nella certezza che la S.V. vorrà  dare il giusto valore a quanto sopra è detto, e che per conseguenza il Comune, dalla S.V. sì degnamente rappresentato, vorrà contribuire ad un’istituzione così eminentemente umanitaria e necessaria ad un centro tanto importante, ci permettiamo chiedere che ci venga dato un assegno annuo tale da metterci in condizione da poter prestare le nostre cure ai poveri del tutto gratuitamente».
Questa richiesta fu parzialmente soddistatta dal responsabile pro-tempore dell’Amministrazione Municipale, che adottò la delibera relativa allo stanziamento a favore dell’Istituto Politerapico del sussidio annuo di lire 1200, quale rimborso delle spese per il materiale chirurgico occorrente in ogni singolo intervento richiesto, più che per compenso professionale ai due medici.
Tale contributo fu confermato in ognuno degli anni successivi con delibera regolarmente approvata dal R.Prefetto di Lecce. Tuttavia nel dicembre 1932 il podestà Domenico Galluccio, constatato che per l’esercizio finanziario 1933 non vi era un apposito stanziamento, ma il relativo fabbisogno poteva essere prelevato dal fondo di riserva, inserì nel testo del bilancio comunale 1933 un nuovo articolo, denominandolo: “Contributo per il pronto soccorso - categoria settima (beneficenza pubblica) del Capo 3°”. Operazione questa finalizzata a rendere possibile l’adozione della delibera podestariale n. 197 / 31 dicembre 1932, con la quale fu ufficialmente istituito “il servizio di pronto soccorso gratuito per tutti i bisognosi poveri del Comune per i casi in cui fosse richiesto l’immediato intervento medico-chirurgico, presso l’Istituto Politerapico di Galatina diretto dai dottori Paolo Vernaleone e Nicola Bardoscia […]”, ai quali veniva corrisposta annualmente la somma di £ 2.500, quale rimborso spese e compenso per il servizio che dovevano prestare giorno e notte.
Successivamente, avendo la Prefettura invitato l’Amministrazione Comunale di Galatina a compilare un regolamento per la disciplina dello stesso “servizio di pronto soccorso” (v. nota n.10102 del 29 maggio 1932), il Podestà, cav. Domenico Galluccio, completò il 24 giugno 1933 la suddetta delibera n. 197 / 31 dicembre 1932 con il il seguente documento:
COMUNE  DI  GALATINA
REGOLAMENTO
per il disciplinamento del servizio di pronto soccorso
    Art.1 E’ istituito nel Comune di Galatina, ed affidato all’Istituto Politerapico locale, il servizio di pronto soccorso finanziato dal Comune con i mezzi annualmente stabiliti ed appprovati nei modi di legge.
   Art. 2  Il fine che si prefigge l’istituzione è quello di prestare prontamente e gratuitamente le prime cure medico-chirurgiche, in tutti i casi d’urgenza per i quali è richiesto l’immediato intervento del sanitario, a beneficio degli iscritti all’elenco dei poveri del Comune aventi diritto all’assistenza pubblica gratuita.
   Art. 3  Possono avvalersi del servizio di pronto soccorso, sempre nei casi d’urgenza di cui all’art. precedente, anche i poveri di passaggio, appartenenti ad altri Comuni, con facoltà di rivalsa di onorari e spese a carico dei Comuni stessi, nonché tutti gli abbienti che corrispondano all’Istituto Politerapico le competenze stabilite dalla tariffa approvata dal Sindacato Medico.
   Art. 4  Il  servizio di pronto soccorso per l’assistenza gratuita dei poveri del Comune è disimpegnato dai medici chirurgi Ernesto (detto Paolo – n.d.r.) Vernaleone e Bardoscia  Nicola (che intanto aveva rimpiazzato il dott. C. F.Capano – n.d.r.), entrambi membri di detto Istituto Politerapico, ai quali il Comune corrisponderà un assegno annuo, oggetto del finanziamento di cui all’art. 1, a titolo di compenso e di rimborso delle spese per il  funzionamentodel servizio stesso.
   Art. 5   L’opera di pronto soccorso dei Sanitari sarà prestata nei locali dell’Istituto in qualsiasi ora del giorno e della notte per tutti i casi di urgenza, nessuno eccentuato, semprechè la necesità di un bisogno immediato di cura sia stata constatata dagli stessi Sanitari.
   Art. 6 Le persone colpite da grave infermità o gravemente ferite, che per trovarsi nelle condizioni indicate dagli artt. 2 e 3 del presente regolamento abbiano ricevute le prime cure nell’Istituto, se necessario saranno inviate all’Ospedale Civile locale, con le attenzioni e cautele migliori disposte dai sanitari curanti.  
   Art. 7    I sanitari dell’Istituto sono tenuti a sostituirsi reciprocanente, affinchè la puntualità e l’efficienza necessarie al funzionamento regolare del servizio non vengano sospese o menomate.
   Art 8  Nei casi di forza maggiore procuranti l’assenza o l’impedimento dei dottori dell’Istituto Politerapico, i medesimi dovranno preoccuparsi e disporre acciocchè il servizio non venga a mancare.       Art. 9    I Direttori dell’Istituto Politerapico sono responsabili delle irregolarità di servizio, ed il Podestà può sempre intervenire per provvedere alla ripresa del regolare funzionamento.
   Art. 10   Col presente regolamento s’intende fare riferimento, per l’osservanza doverosa che agli stessi Direttori viene di per sè attribuita, a tutte le altre disposizioni in materia contemplate dalle leggi sanitarie vigenti.         
Il Segretario Comunale (F.to Domenico Galluccio)                                                 Il Podestà (F.to Anselmo Fabris)                                     

La delibera podestariale n.197 / 1932, integrata da questo regolamento, fu approvata dal R. Prefetto il 1° giugno e dalla Giunta Provinciale Amministrativa (G.P.A.) il 14 luglio 1933, con provvedimento n.16281, perciò il podestà Domenico Galluccio in data 31 luglio ne trasmise copia al Direttore dell’Istituto Politerapico, invitandolo ad attenersi a tutte le condizioni stabilite nella stessa.
Intanto la G.P.A. con propria delibera del 7 febbraio 1933 aveva già disposto che il servizio di “pronto soccorso” dovesse essere istituito presso l’Ospedale Civile, che all’epoca era amministrato dalla Congregazione di Carità (C.d.C.), presieduta dal dott. Fedele Sambati. Ma questi il successivo 4 aprile, con nota n.510, aveva comunicato al R. Prefetto che le precarie condizioni economiche del Nosocomio non consentivano di istituirvi il suddetto servizio, per il quale era necessario assumere due medici di guardia.
Due anni dopo lo stesso presidente della C.d.C., Fedele Sambati, indirizzò al R.Prefetto una lettera, in cui dichiarava fra l’altro: “ …Trovandosi ora questa Amministrazione nelle condizioni di poter istituire detto servizio, si prega vivamente V.E. di voler dare le opportune disposizioni al sig. Podestà perché il servizio di pronto soccorso possa essere trasferito, alle identiche condizioni, a questo Ospedale Civile…”.
Il podestà D.Galluccio, ottemperando alla nota prefettizia n.14984 /16 luglio 1935, con la quale era stato sollecitato ad adottare i provvedimenti di sua competenza per l’istituzione del “pronto soccorso” nell’Ospedale, il 14 agosto 1935 chiese alla C.d.C. quali fossero le sue determinazioni in proposito. Il successivo 16 settembre il presidente F.Sambati rispose che responsabile del servizio sarebbe stato il capo- reparto di chirurgia, prof. Donato Vallone, mentre i medici addetti allo stesso sarebbero stati Carlo Massa e Maccagnano Giuseppe. Questi avrebbero avuto a disposizione una stanza per la permanenza notturna ed avrebbero utilizzato per il proprio lavoro le sale di medicazione, arredate com’erano per il servizio ospedaliero.
La deliberazione podestariale per l’affidamento del “servizio di pronto soccorso” all’Ospedale Civile, adottata il 7 dicembre 1935, ottenne l’approvazione del R. Prefetto il 14 gennaio 1936. In quest’ultima data quindi ebbe ufficialmente termine l’analoga attività, che a partire dal 2 agosto 1926 era stata ininterrottamente esercitata dal benemerito Istituto Politerapico ed in particolare dai dottori Nicola Bardoscia e Paolo Vernaleone.
Pietro Congedo