Antonio Errico nel suo articolo “Come salvare la parte cattiva dell’Italia” (v. Nuovo Quotidiano di Puglia/Lecce del 06.12.2015) scrive che, appena ha cominciato a leggere il poderoso saggio “La parte cattiva dell’Italia/Sud media e immaginario collettivo” (Editore Mimesis, ottobre 2015), scritto da due docenti dell’Università del Salento, Valentina Cremonesini e Stefano Cristante, è andato subito col pensiero all’opera “Terzo Sud”, pubblicata nel 1968 dal compianto Aldo Bello, il quale già allora sosteneva che scrittori e giornalisti che parlavano del Sud, in effetti sfioravano appena il problema della “questione meridionale”, in quanto non andavano oltre la semplice citazione di tutta una serie di luoghi comuni negativi: arretratezza, malgoverno, corruzione, criminalità organizzata, parassitismo ecc.. In altri termini già mezzo secolo fa si andava spegnendo l’interesse dei media per il degrado economico, politico, sociale e culturale del Sud d’Italia.
Egli poi, considerato che nel primo quindicennio del XXI secolo nulla è cambiato, continua dicendo che il volume di Cremonesini e Cristante ha, invece, altre finalità, altre qualità, altro spessore: è un’analisi che mostra com’è veramente il Sud. Gli strumenti usati sono quelli di un’accurata ricerca sociologica, a cui hanno contribuito altri studiosi, la quale prende in esame un trentennio di edizioni del TG1 e dei quotidiani Corriere delle Sera e Repubblica nonché alcune fiction televisive, pellicole del cinema, siti web e interviste a intellettuali. Si arriva così a stabilire che negli ultimi sei decenni il racconto del Sud ha occupato sempre meno spazio, appiattendosi viepiù sui sopraccitati luoghi comuni. Ne è emerso uno scenario complesso, dal quale si può enucleare una sorta di transizione dalla “questione meridionale” al “fattore M”, cioè a una rappresentazione negativa di un Sud, su cui non vale più la pena di interrogarsi, poiché il permanente degrado economico, sociale e culturale è prodotto da una serie di processi intrecciati e complessi. In particolare la Lega Nord per circa un ventennio è riuscita ad imporre un’artificiosa e completamente inventata “questione settentrionale”, come se il reddito pro-capite del Settentrione non fosse il doppio di quello del Mezzogiorno, e questo non inviasse al Nord laureati e manodopera qualificata e nello stesso tempo non spendesse da sempre presso aziende ed imprenditori settentrionali buona parte dei finanziamenti ricevuti dallo Stato.
Detta transizione dalla “questione meridionale” all’irrilevante “fattore M” è avvenuta e persiste nonostante la SVIMEZ (associazione per lo sviluppo dell’industria nel mezzogiorno) presenti ogni anno un suo rapporto, assolutamente non trascurabile.
Il rapporto SVIMEZ 2015 (pubblicato il 30 luglio u.s. ossia almeno due mesi prima che uscisse il libro di Cremonesini e Cristante) è stato molto opportunamente presentato da Marco Damilano, su “l’Espresso” del 10 settembre u.s., con l’agghiacciante titolo: E’ sparito il Sud.
In detto rapporto, infatti, si rileva fra l’altro quanto segue:
· dal 2000 al 2013 il Sud d’Italia è cresciuto del 13%, mentre la Grecia ha segnato addirittura un +24%, nonostante i suoi enormi problemi;
- in ordine alla crescita economica nel Sud si registrano oltre 40 punti percentuali in meno rispetto alla media +56,6% delle regioni Convergenza dell’Europa a 28;
- è in atto un vero e proprio tsunami demografico, per effetto del quale il Sud è destinato a perdere 4.200.000 abitanti nei prossimi 50 anni, poiché in esso il tasso di fecondità è sceso a 1,31 figli per donna, ben distanti dai 2,1 necessari a garantire la stabilità demografica e comunque inferiore all’1,43 del Centro-Nord; a tal proposito si tenga presente che nell’anno 2014 nel Meridione ci sono state 174.000 nascite, livello al minimo storico registrato 150 anni fa, cioè quando e nata l’Italia unita;
- il 62% dei meridionali guadagna meno 12.000 euro annui contro il 28,5% degli abitanti del Centro-Nord, ne deriva che al Sud una persona su tre è a rischio povertà, mentre al Nord corre tale pericolo una su dieci.
Considerate la concretezza e l’inoppugnabilità del rapporto SVIMEZ, tornano ad imporsi sulla scena della vita pubblica e nel dibattito politico i veri, autentici, storici problemi territoriali italiani: la “Questione Meridionale”.
La modestissima se non addirittura inesistente crescita economica, il consistente calo demografico, il rischio povertà e il degrado generale sono fenomeni ben presenti in Galatina, la quale d’altra parte è arrivata al 2000 avendo già perdute le buone caratteristiche socio-economiche acquisite nei secoli passati, per cui non può più essere considerata città, come dimostrato in altra circostanza (V. Galatina è ancora città?, articolo pubblicato il 6 luglio 2014 dal quotidiano online Galatina2000.it).
E come se non bastasse un ulteriore scadimento è recentemente avvalorato da fatti come quelli esposti qui di seguito.
- La Fondazione Agnelli, che dal 2008 fa ricerche sulla Scuola, con il suo progetto “Eduscopio.it/confronto, scelgo, studio” ha stabilito da quali scuole secondarie provengono gli studenti di Lecce e Provincia, che conseguono migliori risultati all'università, mettendo così bene in evidenza che per nessun tipo di scuola di Galatina, antico importante centro di studi, è al primo posto: il Liceo Classico P. Colonna (che nel corrente a. s. ha una sola prima classe) è al terzo posto, il Liceo Scientifico e Linguistico A. Vallone e in quinta posizione, mentre l’Istituto Tecnico Commerciale M. La Porta è addirittura all'ottavo posto, ossia al penultimo.
- L’Ospedale S. Caterina Novella, un tempo fiore all'occhiello della Città, è costantemente in difficoltà per le sciagurate scelte regionali. Pertanto “…Viene da pensare che, con la scusa del piano di rientro e del contenimento della spesa, si è attuata una politica decisionale che ha pianificato di lasciare in agonia l’ospedale di Galatina fino alla chiusura definitiva. In questa visione troverebbero giustificazioni i finanziamenti mai arrivati, gli organici dei reparti dimezzati, i lavori prima cantierizzati poi interrotti e mai portati a termine. … .” (V. Articolo apparso sul quotidiano online Galatina.it del 9 dicembre u.s.).
Di questo passo la nostra Galatina rischia di finire nel sud del Sud d’Italia. Per cominciare a risalire la china dovrebbero esserci in Municipio amministratori e dirigenti attivi e all'altezza del proprio compito. Invece quelli attualmente in carica, che sarebbero del Partito Democratico, sembrano “impegnati” a consegnare la civica amministrazione a chissà quale forza politica emergente. Infatti non si degnano di prendere in considerazione neppure uno dei 10 punti del Cahier de doléances che puntualmente appare nella prima pagina di ogni numero del quindicinale "il galatino".
Pietro Congedo