Da testi biblici veterotestamentari si apprende che il sommo sacerdote Aronne era sposato (v. Levitico) e lo erano anche i Profeti (v. Isaia, 8-3).
San Pietro era anch’egli sposato (v. Matteo, 8-14). La moglie di S. Pietro era ancora in vita quando S. Paolo scriveva: “…non abbiamo noi il diritto di condurre in giro con noi una moglie sorella di fede, come fanno anche gli altri Apostoli e … Cefa (cioè Pietro) ? ”
I ministri della chiesa primitiva potevano sposarsi. A tal proposito S. Paolo nella Prima Lettera a Timoteo fra l’altro scrive: “Ecco una parola sicura: se qualcuno desidera avere un compito di pastore nella comunità, desidera una cosa seria. Un pastore deve essere un uomo buono, fedele alla propria moglie, capace di controllarsi, prudente, dignitoso, pronto ad accogliere gli ospiti, capace d’insegnare. Non può essere un ubriacone, un violento o uno che litiga facilmente: sia invece gentile e non si mostri attaccato ai soldi. Sappia governare bene la sua famiglia, i suoi figli siano ubbidienti e rispettosi. Perché se uno non sa governare la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? (cap. 3, 1-5)”[v. La Bibbia in lingua corrente, Elle Di Ci, Leumann (TO), 1985,pp. 331-332].
Il concilio di Nicea (325) respinse la proposta di interdire il matrimonio dei preti e il papa del tempo, Silvestro I, ordinò che ogni prete avesse la propria moglie.
San Gregorio Nazianzeno (330 – 389) era figlio di un vescovo.
Nel 911 i Veneziani elessero loro vescovo Orciano, il quale andò ad abitare il palazzo vescovile con la propria moglie.
Ildebrando Aldobrandeschi di Soana (1020 – 1085) era monaco del Monastero di Cluny, che all’epoca era il centro dell’orientamento riformatore della Chiesa, dove conobbe Brunone di Toul. Questi, divenuto papa col nome di Leone IX, chiamò preso di sé Ildebrando che così divenne Suddiacono della Sede Apostolica e, come tale, fu poi al servizio dei vari papi, che si susseguirono nel giro di pochi anni, l’ultimo dei quali fu Alessandro II. Alla morte di questo lo stesso Ildebrando il 24 aprile 1073 fu eletto papa spontaneamente dal popolo romano. Pertanto, immediatamente ordinato sacerdote e vescovo, ascese al soglio pontificio col nome di Gregorio VII.
Egli, ispirandosi ai principi riformatori cluniacensi, mise in atto per la Chiesa una politica di grande rigore morale, prendendo energiche decisioni particolarmente contro la simonia e il concubinato del clero, le quali decisioni furono poi promulgate in un Sinodo romano, convocato nella Quaresima del 1074. Proprio in questa occasione fu dunque sancito l’obbligo del celibato per i sacerdoti cattolici.
Contemporaneamente Gregorio VII lavorò indefessamente per l’affermazione della superiorità della Chiesa sull’Impero. A tal proposito, nel 1075, compose il “Dictatus papae”, raccolta di affermazioni sul primato del vescovo di Roma, col quale veniva istituita una nuova ecclesiologia, secondo la quale il papa era “vescovo dei vescovi”, Roma “caput ecclesiae” (centralismo romano) e ogni singolo credente era suddito del vescovo di Roma.
In questa circostanza vennero a trovarsi dalla parte dell’Imperatore non solo vescovi ostili a detto Dictatus, ma anche ecclesiastici di notevole levatura morale e non meno del pontefice impegnati contro la simonia e il concubinato del clero, quali Dionigi di Piacenza, Guido d’Acqui e Guiberto di Ravenna ( futuro antipapa Clemente III), ma decisamente contrari alla concezione gregoriana del primato papale.
Comunque nei secoli successivi la superiorità della Chiesa rispetto all’Impero divenne, relativamente presto, un fatto storicamente superato. Invece l’obbligo di celibato per i sacerdoti cattolici è rimasto costantemente in vigore per circa un millennio e addirittura il 26 giugno 1967, cioè dopo il Concilio Vaticano II, è stato formalmente riconfermato da papa Paolo VI con l’enciclica “Sacerdotis Caelibatus”.
Tuttavia attualmente come in passato nelle Chiese cattoliche di rito orientale non c’è obbligo di celibato. Inoltre già Pio XII concesse ai sacerdoti anglicani passati alla Chiesa cattolica di continuare il proprio ministero, restando sposati e uniti alla famiglia; analoga concessione è stata fatta più di recente da papa Benedetto XVI ad altri preti provenienti dall’anglicanesimo.
Non è facile accertare in che misura si sia ridotto, dal 1074 ad oggi, il concubinato dei preti.
Invece è assolutamente certo quanto segue.
in Italia fino al 1969 oltre 6000 (seimila) preti, essendosi sposati senza la dispensa pontificia, sono stati costretti ad abbandonare il loro ministero e intraprendere altre attività, anche manuali, per poter sostenere la famiglia ( v. Adolfo Percelsi, quotidiano “La Stampa”, 1 febbraio 1969);
nel tempo sono spesso emerse a carico di sacerdoti altre devianze a carattere sessuale, quali i rapporti omosessuali e la pedofilia, commesse ovviamente soprattutto da soggetti che per natura non erano portati a sposare una donna. Devianze queste che sempre vengono a galla in maniera clamorosa, come è avvenuto recentemente nelle seguenti circostanze.
Il 3 ottobre u.s. il Corriere della Sera ha intervistato il sacerdote polacco, fra l’altro membro della Pontificia Congregazione della Fede e docente di Teologia nelle Università romane Gregoriana e Regina Apostolorum, mons. Krzysztof Charamsa, il quale ha confessato di essere omosessuale e di avere un compagno, insieme al quale è poi apparso in atteggiamento affettuoso nel Tg3.
Lo scorso 7 ottobre La7, nel corso della trasmissione pomeridiana “l’aria che tira”, ha intervistato il sacerdote trentino Gino Flain, il quale ha giustificato i preti pedofili(*), precisando testualmente: “Perché io sono stato tanto a scuola e i bambini li conosco. Purtroppo ci sono bambini che cercano affetto, perché non ce l’hanno in casa. E magari se trovano qualche prete, può anche cedere insomma. E lo capisco questo”.
Purtroppo il numero dei sacerdoti viene costantemente ridotto sia dalla inarrestabile crisi delle vocazioni che dalla riduzione allo stato laicale dei preti sposati nonché di quelli pedofili o omosessuali dichiarati. Perciò diventa sempre più difficile garantire anche solo la Messa domenicale in ogni comunità cattolica. In Amazzonia (Brasile), per esempio, su 800 realtà ecclesiali si contano appena 27 presbiteri per 700mila fedeli. L’eucaristia è celebrata 2 o 3 volte l’anno, mentre la confessione è un miraggio.
CHE FARE?
Alcuni propongono il reintegro, previa apposita indulgenza pontificia, di coloro che hanno scelto la via del matrimonio, partecipano alla vita ecclesiale, ma hanno il divieto di celebrare la Messa: si stima che nel mondo essi siano oltre 100mila. Altri avanzano la proposta che sia concessa l’ordinazione sacerdotale a viri probati, cioè a uomini sposati di provata fede e rettitudine.
Considerato che nella nostra epoca, caratterizzata dagli sfaceli matrimoniali, sia gli ex preti con famiglie esemplari sia i viri probati, se fossero chiamati al ministero sacerdotale, potrebbero svolgere con particolare competenza la cosiddetta pastorale familiare, entrambe le proposte sono veramente di buon senso e, quindi, pienamente accettabili.
Concludo queste mie brevi e modeste considerazioni con la certezza che Papa Francesco presto saprà trovare la migliore soluzione possibile per l’annosa crisi del Clero.
(*) Si noti che la pedofilia è reato punito, ai sensi dell’art. 609 del C.P., con la reclusione da 5 a 10 anni.
Pietro Congedo