venerdì 13 novembre 2015

Pietro Colonna detto "Il Galatino" - parte prima



  Premessa
 Un’apposita commissione, della quale facevano parte Luigi Papadia (sindaco e presidente), Antonio Dolce, Pietro Garrisi e Giuseppe Galluccio, compilò il 5 novembre 1873 per il Ginnasio – Convitto di Galatina un nuovo regolamento, che all’art. 1 recitava testualmente: “Lo stabilimento letterario sistente (sic) in Galatina prenderà da oggi innanzi il nome di Ginnasio-Convitto Galatino, in memoria dell’illustre cittadino Pietro Galatino.”

    Con decreto 3 marzo 1898 il Ginnasio-Convitto Galatino venne dichiarato dal re Umberto I istituto pubblico di beneficenza (IPAB), ovvero opera pia. In seguito la Commissione Amministrativa dello stesso IPAB fu nominata dal Consiglio Comunale di Galatina con delibera n. 50 del 7 agosto 1999. In questa delibera compare per la prima volta la denominazione Pio Istituto  Pietro Colonna detto il Galatino, usata poi nella forma ridotta Pio Istituto P. Colonna. Denominazione quest’ultima con cui è stato, quindi, sostituito nella pratica il nome Ginnasio-Convitto Galatino del 1873.

   Il nome del grande e famoso umanista italiano Pietro Colonna detto il Galatino è noto a tutti solo in quanto attribuito alle Scuole Classiche e all’annesso Convitto maschile di Galatina. Invece gli studiosi (in particolare i letterati, i filosofi e i teologi) conoscono bene di lui la singolare biografia e il grande valore delle numerose opere.

   Scopo di questo scritto è quello di dare anche al grande pubblico, specialmente a quello giovanile, la possibilità di venire a conoscenza, almeno per grandi linee, della vita e delle opere dell’illustre galatinese che fu teologo, filosofo ed esegeta di fama mondiale.

   La vita
   Non si conosce con esattezza la denominazione del casato di Pietro Galatino, che si  faceva chiamare in tal modo dal nome della città natale in quanto appartenente all’Ordine dei Frati Minori.

   Tuttavia il domenicano Alessandro Tommaso Arcudi, nella sua opera Galatina Letterata (Genova, 1709), con sicurezza afferma testualmente: “…Nacque in S. Pietro in Galatina da Filippo Colonna, famiglia estinta: ed una sorella, chiamata Leonarda, fu moglie di Antonio Arcudi…” . Opinione questa che, sebbene all’epoca fosse condivisa da altri autori, lo stesso A.T. Arcudi  fu costretto a difendere strenuamente  in polemica con l’abate Domenico De Angelis, autore dell’opera in due tomi “Le vite de’ Letterati Salentini” (Napoli , 1713), nella quale a pag. 213 è addirittura riportato il ritratto del Galatino con la scritta:

 “Petro Mongiò vulgo dicto  Galatino a S. Petro Galatinae. […]. 
   Dominicus de Angelis Lyciensis.

L’Arcudi nel corso di detta polemica col De Angelis affermò anche che la madre del Galatino si chiamava Caterina Mollona.

   Intanto la tesi del De Angelis sembrava prevalere, in quanto il galatinese arcivescovo  di Lanciano e poi vescovo di Pozzuoli, Lorenzo Mongiò (1551 – 1632),  dichiarandosi pronipote del Galatino otteneva dal papa  il permesso di trascriverne le opere, che si trovavano nella Biblioteca Vaticana. Ma a tal proposito l’Arcudi aveva già scritto che il suddetto Lorenzo Mongiò fosse “…pronepote del Galatino per via materna…”.

   Con accurate ricerche sulla denominazione del casato del personaggio in questione, lo storico Giancarlo Vallone ha demolito la tesi che la stessa fosse ‘Colonna’, ma senza accettare quella di ‘Mongiò’. Egli, Infatti, nel 1989 ha pubblicato un saggio dal titolo propositivo “Pietro S. Galatino”, nel quale in maniera adeguatamente documentata sostiene che la lettera iniziale del vero cognome del Galatino fosse una “S”,  introduttiva di un cognome probabilmente albanese. Questo è stato poi confermato, sia pure con qualche riserva, dallo stesso Vallone in un suo articolo, pubblicato nel n. 5 /2013 della rivista ‘il filo di Aracne’. Tale conferma è avvenuta sulla base di uno scritto dell’artista galatinese Pietro Cavoti, rinvenuto nel museo di Galatina da Luigi Galante, dal quale scritto si apprende che il Galatino era figlio del soldato albanese  Tho. Spanoi che, sbarcato in Calabria con  l’esercito del condottiero Demetrio Reres, aveva disertato e, vagando senza fissa dimora, si era rifugiato, forse nel 1459, in Galatina. Qui fu assunto come domestico da persone benestanti e, messa su famiglia, ebbe dei figli, tra i quali Pietro Spanoi, il quale  volle cambiare per sempre il proprio cognome con quello di Galatino, datogli dai francescani del Convento Santa Caterina, dove aveva iniziato i suoi studi.

Tuttavia c’è chi sostiene che, mentre rifiutava il suo vero cognome, egli accettava o addirittura agevolava quello di Colonna, che, sebbene fosse insignificante in Galatina, era invece di gran prestigio a Roma, dove visse a lungo.  Tra coloro che sostengono questa tesi c’è anche l’orientalista Giuseppe Gabrieli (1872-1942) di Calimera (LE).

   La data di nascita di Pietro Galatino, prima variamente indicata dai biografi, è stato poi possibile fissarla con sufficiente approssimazione al 1460, in quanto egli nel dedicare intorno al 1539 una sua opera al vescovo di Nicastro (CZ) dichiarava di avere 79 anni, e sottraendo il numero 79  da 1539 si ottiene appunto 1460.

    Giovanissimo prese l’abito francescano dei Frati Minori nel Convento di  Santa Caterina, fondato in Galatina da  Raimondello  del Balzo Orsini alla fine del XIV secolo. Ivi rimase almeno fino al 1480, infatti a proposito dell’eccidio di Otranto, che avvenne in quell’anno, in un suo scritto dichiarò: “…Pauca referam, quae oculis   vidi… . ” […Riferirò le poche cose che vidi con i (miei) occhi… .]. Ma non molto tempo dopo i suoi superiori, per l’eccezionale intelligenza e per la ferma volontà di proseguire gli studi da lui dimostrate, lo mandarono a Roma, dove rimase per quasi tutta la vita, allontanandosene solo per non lunghi periodi.

   Infatti nel 1492 fu a Taranto, dove potette osservare il testo della profezia di San Cataldo; a gennaio del 1506 fu a Napoli per fare omaggio al re Ferdinando il Cattolico della sua opera “De optimi principis diademate” con la seguente dedica: “ Prego dunque che la tua maestà si degni di accettare il mio piccolo dono con volto benevolo (come è tua abitudine) e che consideri affidati alla tua benevolenza me, il mio Ordine del quale sei molto devoto, la stessa mia patria(*) e tutto questo regno”.

   Dimorò a Bari, in qualità di Ministro dei Frati Minori della “Provincia Apulia”, intitolata a San Nicola, nell’ultima fase unitaria dell’Ordine minoritico, cioè prima che papa Leone X, successore di Giulio II, separasse con la bolla “Ite vos” (29 maggio 1517) i Frati Minori Osservanti dai Frati Minori Conventuali.

   Dal 1536 al 1539 fu ancora Ministro provinciale dei Frati Minori Osservanti.

   Il Galatino, stando a Roma, alla perfetta conoscenza del latino e del greco aggiunse quella della lingua ebraica, in cui acquistò una tale pratica da essere creduto egli stesso un ebreo convertito. Studiò anche l’etiopico con Giovanni Potken.

   Per questa larga conoscenza delle lingue si congratularono con lui da una parte l’imperatore Massimiliano I, fautore dello studio delle lingue orientali per la propaganda della fede, dall’altra l’arcivescovo titolare di Nazaret Giorgio de Salviatis. Della stessa conoscenza egli si servì per l’interpretazione dei sacri testi.

  Tuttavia, frequentando il circolo romano che si raccoglieva intorno al cardinale Egidio Canisio da Viterbo, apprese anche la cabala, cioè la divinazione del futuro a mezzo di lettere, numeri, figure o sogni, appassionandosene tanto da non sapersi più sottrarre all'influsso delle preoccupazioni criptografiche che essa gli suggeriva.

   E’ probabile che il Galatino abbia esercitato il magistero di Teologia e di lingua greca. Mentre è  certo che egli abbia tenuto l’ufficio di Penitenziere apostolico della Basilica di S. Pietro e che sia stato cappellano prima del Cardinale Lorenzo Puccio e dal 1531 del cardinale Francesco Quinones.

Questa preminente posizione in Roma gli consentì di contrarre autorevoli amicizie. In particolare entrò in relazione con i pontefici Leone X e Paolo III, dei quali fu anche commensale, e fu in corrispondenza, oltre che con l’imperatore Massimiliano I  e il re Ferdinando il Cattolico, con Carlo V , Enrico VIII d’Inghilterra e con i più celebri umanisti del suo tempo.

    Il Galatino ebbe in vita grandissima fama come teologo, filosofo, esegeta, tanto da essere esaltato in versi latini ed ebraici, e il noto  grecista tedesco Giovanni Reuchlin lo salutava “doctissime ac disertissime, gemma ordinis Minorum”.

Tale fama declinò, però, dopo la sua morte che avvenne probabilmente nel 1540, in quanto sappiamo che lasciò incompleto il trattato De vera Theologia, al quale lavorava in anni successivi al 1536, mentre Luca Wadding, storico dell’Ordine francescano, riferendosi all’anno 1539 afferma: “vivebat in hoc anno in senili iam aetate frater Petrus”.

Quindi egli morì all’età di circa ottanta anni e fu sepolto nella chiesa di  Aracoeli in Roma, dove volle che fossero custoditi i suoi manoscritti, che tuttavia furono poi trasferiti nella Biblioteca Vaticana.

    Anche sulla sua immagine non è mancata l’incertezza, giacché è da ritenere del tutto fantastico il ritratto riportato nel libro del De Angelis. Mentre è accettabile la seguente descrizione che ne fa A. T. Arcudi: “Fu Pietro Colonna di bell’aspetto, pallido, e femminile, di faccia pienotta, e alquanto tonda, come appare dal suo ritratto, ch’io tengo in rame.” Questa immagine (senza tener conto del riferimento al ritratto in rame, che nessuno ha visto o può vedere) corrisponde in tutti i lineamenti alla miniatura del viso del francescano, che si trova in una Q iniziale sulla copertina dell’unico suo libro stampato nel 1518, il De arcanis catholicae veritatis, del quale una copia era nel Convento S. Caterina e ora si trova nella Biblioteca “P. Siciliani” di Galatina, mentre altre copie sono a Basilea, Francoforte e Parigi.

    A conclusione della presente breve biografia di Pietro Galatino c’è da rilevare che  nei suoi numerosi scritti, oltre al già citato riferimento all’eccidio di Otranto, non ci sono notizie relative agli avvenimenti del suo tempo. Ciò risulta veramente singolare, ove si consideri tanto l’importanza dei fatti di cui sarebbe stato informato o addirittura spettatore (basti per tutti il celebre sacco di Roma del 6 maggio 1527 ad opera dei lanzichenecchi), quanto la sua grande amicizia con personaggi che all’epoca erano di prim’ordine.

Pietro Congedo

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(*) Non è da escludere che con tale omaggio il Galatino abbia voluto richiamare la benevola attenzione del sovrano spagnolo sui problemi della Comunità francescana di Galatina, che aveva perduto il Convento S. Caterina, in quanto a suo tempo il re Alfonso II d’Aragona lo aveva donato insieme all’Ospedale e al relativo patrimonio all’Ordine Olivetano. Perciò era in corso da anni una penosa lite fra i due Ordini.
Comunque è certo che in maniera inaspettata sia entrato in scena, inviato (forse su preghiera di re Ferdinando il Cattolico) da papa Giulio II, il  cardinale Giovanni Antonio di San Giorgio, vescovo di Frascati che riuscì a mettere d’accordo gli olivetani con i francescani. Infatti, con atto notarle del 1° giugno 1507, i primi, conservando l’Ospedale di Galatina e il suo patrimonio, cedettero ai secondi il Convento S. Caterina e il giardino detto ‘Parco’.