Il visitatore del centro storico di Galatina, che da piazza San Pietro s’inoltra in corso G.Garibaldi, all’altezza dei nn. 28-36 è attratto dallo stupendo portale bugnato di un austero palazzo cinquecentesco, accanto al quale è murata una lapide marmorea con incisa un’epigrafe, che nel 1914 è stata composta e firmata da Giovanni Porzio (1873 –1962), principe del foro napoletano e uomo di Governo prima e dopo il ventennio fascista. In essa si legge:
“IL DOTT. PAOLO VERNALEONE / AL CAPEZZALE DEGLI INFERMI E NEI TUGURI DEI / DERELITTI / SENTI’ BALZARE RADIOSA NELL’ANIMO / LA VISIONE / DI UNA NUOVA UMANITA’ / GETTO’ SUI DOLENTI LA LUCE DELL’IDEA E LO SQUILLO DI GUERRA / POI CADDE IN MEZZO AL CAMMINO / COLLA FRONTE ILLUNINATA / DAI FULGORI DELLA SPERANZA // AL GAGLIARDO CONDOTTIERO / L’ESERCITO IN MARCIA POSE QUESTO RICORDO / XXVI 3 MDCCCLIX / XX 1 MCMII ”.
La lapide ricorda che in detto edificio nel 1902 morì Paolo Vernaleone, medico e filantropo, il cui “…socialismo … riempiva il cuore di speranza in quanti lo seguivano, disponendoli alla solidarietà e al coraggio nell’affermazione dell’idea che condannava le colpe di tutti, per una società più giusta. ….”. (V. Antonio Falco, Paolo Vernaleone, in Storia di Galatina di M. Montinari, Ed. Salentina, 1972, pag. 411).
Paolo Vernaleone, nato il 26 marzo 1859 da Fortunato e Giuseppa Tarantini, apparteneva ad una famiglia galatinese molto antica, che secondo lo storico Alessandro Tommaso Arcudi (1655-1718) è stata “…nella sua Patria un Seminario di tutte le scienze, un’Accademia di tutte le belle lettere, un albergo di tutte le Muse, un Senato di tutta la prudenza civile. …”.(V. A.T.Arcudi, Galatina letterata, Genova, 1709, pag.141).
L’Arcudi nella sua opera (pp. 141-170) cita alcuni personaggi appartenuti a detta famiglia e per sei di essi presenta anche un breve profilo biografico. Egli inizia con la citazione di Orazio Vernaleone figlio di Domizio che, entrato nella Comunità monastica di Camaldoli (AR) col nome di fra Mauro, donò nel 1579 al Monte di Pietà (M.d.P.) di Galatina tre poderi con complessivi 357 alberi di ulivo ed anche quattro botteghe “…nella strada pubblica della Piazza” ed un magazzino in “…vico del Monte, i quali sono siti nel fabbrico di detto Monte all’ora (sic) casa del …donatore.” (V. Testamento di fra Mauro, allegato all’Inventario dei beni del M.d.P. conservato nell’Archivio dell’Ospedale di Galatina). Lo stesso dispose che nel cortile di detta casa fosse costruita la cappella del M.d..P., dedicata al nome di Gesù e della sua SS. Madre Maria. Si accedeva alla chiesetta (che ancora esiste, sebbene murata) attraverso corte del Monte, retrostante l’attuale palazzo Gaballo di corso Vittorio Emanuele.
Sono poi citati Vespasiano Vernaleone, famoso “… per le sue argute e poetiche fantasie”, e Altobello Vernaleone, medico e poeta, che nel 1541 scrisse “…in ottava rima la Presentazione di San Gio: Battista” e nel 1544, da sindaco della città , invitò i Frati Minori Cappuccini a venire e far convento in Galatina.
Nelle pp.142-145 di Galatina letterata è tratteggiata la figura del giureconsulto Giovanni Paolo Vernaleone senior, che alla perfetta perizia legale univa “una raffinata prudenza politica”. A questo proposito è riferito che i galatinesi, aspirando ardentemente di ottenere nella propria Città una Cattedra Vescovile, nel 1524 in una pubblica assemblea, appositamente convocata dal Sindaco, avevano entusiasticamente espresso voto unanime, affinchè fra Pietro Colonna, che viveva a Roma, si adoprasse a loro favore in tal senso, chiedendo magari di essere lui stesso nominato vescovo di S. Pietro in Galatina. Ma, poiché all’epoca il tracotante duca Ferdinando Castriota Scanderbeg angariava la cittadinanza con atti di prepotenza e soprattutto arrogandosi diritti feudali nella riscossione delle imposte e nell’amministrazione della giustizia, Giovanni Paolo Vernaleone con un suo intervento convinse tutti i concittadini che urgeva ottenere dalle Autorità la cessazione dei soprusi del feuadatario e non la Cattedra Vescovile. Questo fatto ebbe una tale risonanza da meritare una memoria intitolata “Ad Sanctopetrinates Cives”, scritta molti anni dopo dal sacerdote e dotto teologo morale Francesco Maria Vernaleone, undicesimo figlio di Pietro junior e di Drusiana d’Aruca, che “…applicò il suo talento alle lettere, nelle quali fece tanto profitto, quanto si scorge nell’opre che felicemente compose…”. Inoltre nell’annosa vertenza dell’Università di Galatina contro la pessima ammministrazione dell’Ospedale S. Caterina, praticata dagli Olivetani, s’impegnò al punto da informarne intorno al 1563 i Padri del Concilio di Trento con la sua Oratio dicenda in Aecumenico Concilio Tridentino contra Monacos Montis Oliveti de S. Pietro in Galatina.
Nelle pp.142-145 di Galatina letterata è tratteggiata la figura del giureconsulto Giovanni Paolo Vernaleone senior, che alla perfetta perizia legale univa “una raffinata prudenza politica”. A questo proposito è riferito che i galatinesi, aspirando ardentemente di ottenere nella propria Città una Cattedra Vescovile, nel 1524 in una pubblica assemblea, appositamente convocata dal Sindaco, avevano entusiasticamente espresso voto unanime, affinchè fra Pietro Colonna, che viveva a Roma, si adoprasse a loro favore in tal senso, chiedendo magari di essere lui stesso nominato vescovo di S. Pietro in Galatina. Ma, poiché all’epoca il tracotante duca Ferdinando Castriota Scanderbeg angariava la cittadinanza con atti di prepotenza e soprattutto arrogandosi diritti feudali nella riscossione delle imposte e nell’amministrazione della giustizia, Giovanni Paolo Vernaleone con un suo intervento convinse tutti i concittadini che urgeva ottenere dalle Autorità la cessazione dei soprusi del feuadatario e non la Cattedra Vescovile. Questo fatto ebbe una tale risonanza da meritare una memoria intitolata “Ad Sanctopetrinates Cives”, scritta molti anni dopo dal sacerdote e dotto teologo morale Francesco Maria Vernaleone, undicesimo figlio di Pietro junior e di Drusiana d’Aruca, che “…applicò il suo talento alle lettere, nelle quali fece tanto profitto, quanto si scorge nell’opre che felicemente compose…”. Inoltre nell’annosa vertenza dell’Università di Galatina contro la pessima ammministrazione dell’Ospedale S. Caterina, praticata dagli Olivetani, s’impegnò al punto da informarne intorno al 1563 i Padri del Concilio di Trento con la sua Oratio dicenda in Aecumenico Concilio Tridentino contra Monacos Montis Oliveti de S. Pietro in Galatina.
Un’ampia nota biografica è riportata nelle pp.146-147 di Galatina Letterata sul padre del predetto Francesco Maria, cioè l’illustre giureconsulto, fratello di Altobello, Pietro Vernaleone junior, il quale nel 1522 insieme al filosofo Marcantonio Zimara fu mandato a Napoli per perorare presso il vicerè Carlo di Lannoya la causa intentata dall’Università al duca Ferdinando Castriota per i suoi misfatti contro la cittadinanza. Egli scrisse un trattato sulle Costituzioni del Regno e ebbe dalla moglie Drusiana, oltre a Francesco Maria, altri dieci figli fra cui Ottavio e Lattanzio, entrambi dediti agli studi giuridici, e il medico e filosofo Lucio.
Proprio di Lucio Vernaleone, morto il 13 giugno 1574, parla l’Arcudi nelle pagine 150 – 151 della sua opera, esaltandone l’eccezionale perizia medica, la grande cognizione di lettere greche e la “perspicace e sottile” attitudine filosofica, che dimostrò anche con la sua opera intitolata Paradoxorum liber Lucii Vernelioni.
Ben sei pagine (159 – 164) di Galatina Letterata son dedicate alle note biografiche di Giovanni Paolo Vernaleone junior (1527-1617), figlio di Altobello, che l’Arcudi considera “il massimo” ingegno della famiglia. Studiò a Napoli, dove trascorse gran parte della sua vita. “… Fu principalmente matematico eccellentissimo, e fece i Commentari sopra Euclide, ma mentre si preparava a stamparli, da mano rapace ed infedele gli furono con sommo dolore involati…”. In seguito il gesuita tedesco P. Clavio, anche lui matematico, trovandosi a Napoli volle conoscerlo per farsi spiegare alcuni difficili “luoghi” della teoria di Euclide, promettendo che, “nello stampare i (propri) ingegnosissimi Commentari” sullo stesso Euclide, avrebbe testimoniato “al Mondo” di essere stato da lui aiutato. La promessa non fu mantenuta e G.P.Vernaleone se ne “dolse” in una lettera inviata a Clavio, il quale si scusò attribuendo l’omissione all’editore.
Proprio di Lucio Vernaleone, morto il 13 giugno 1574, parla l’Arcudi nelle pagine 150 – 151 della sua opera, esaltandone l’eccezionale perizia medica, la grande cognizione di lettere greche e la “perspicace e sottile” attitudine filosofica, che dimostrò anche con la sua opera intitolata Paradoxorum liber Lucii Vernelioni.
Ben sei pagine (159 – 164) di Galatina Letterata son dedicate alle note biografiche di Giovanni Paolo Vernaleone junior (1527-1617), figlio di Altobello, che l’Arcudi considera “il massimo” ingegno della famiglia. Studiò a Napoli, dove trascorse gran parte della sua vita. “… Fu principalmente matematico eccellentissimo, e fece i Commentari sopra Euclide, ma mentre si preparava a stamparli, da mano rapace ed infedele gli furono con sommo dolore involati…”. In seguito il gesuita tedesco P. Clavio, anche lui matematico, trovandosi a Napoli volle conoscerlo per farsi spiegare alcuni difficili “luoghi” della teoria di Euclide, promettendo che, “nello stampare i (propri) ingegnosissimi Commentari” sullo stesso Euclide, avrebbe testimoniato “al Mondo” di essere stato da lui aiutato. La promessa non fu mantenuta e G.P.Vernaleone se ne “dolse” in una lettera inviata a Clavio, il quale si scusò attribuendo l’omissione all’editore.
Giovan Battista della Porta scrisse di aver composto la sua opera De Caelesti Phisiogonomia “…ad istanza del Vernaleone e col suo aiuto”, infatti gli fece i calcoli e dispose la materia “…in modo ragionevolmente chiaro”, in quanto lo stesso era “…astrologo (tanto) grande, che le sue Efemeride e Natività andavano per tutta l’Europa ed erano ricercate e tenute in molta stima”.
G.P.Vernaleone “si dilettò pure di poesia, cosi latina, come volgare” e sarebbe diventato ricchissimo “…se non avesse consumato gli averi nell’indagare i secreti (sic) dell’Alchimia e della natura, facendo prove infinite…”. “In tante applicazioni specolative non lasciò di beneficare la Patria,…liberandola con i suoi buoni uffici da un gravoso alloggio di soldati …”.
Fu molto onorato da numerose personalità dell’epoca, tra cui suo cugino D. Francesco Maria che gli dedicò componimenti poetici, tra cui la canzone URANIA, riportata nelle pagg. da 165 a 170 di Galatina Letterata.
L’Arcudi nelle pagg. 157-158 della sua opera esalta la poetessa Leonarda Vernaleone, definendola “novella Saffo”, che egli non avrebbe mai conosciuto se non avesse rinvenuto un suo libro di poesie, “tutto maltrattato dall’umidità del luogo più che roso dai denti del tempo”. In questo egli trovò soprattutto composizioni poetiche, con le quali erano state “ingegnosamente celebrate” lodi a Maria Castriota, figlia del 1° duca di Galatina, Giovanni Castriota Scanderbeg, “…principessa d’alti pensieri, specchio di virginal pudicizia e di cristiana pietà…”.
Però lo stesso Arcudi, pubblicando nel 1709 il più volte citato volume Galatina Letterata, stranamente non fece alcun cenno a membri della famiglia Vernaleone a lui contemporanei, come per esempio quel Franccesco Vernaleone, che era certamente attivo nel 1673 in qualità di notaio.
Nella chiave dell’arco del robusto portale bugnato di corso Garibaldi, 30 campeggia lo stemma bipartito delle famiglie de Mico e Coletta, cheab antiquo sarebbero state le prime proprietarie dello stabile.
A questo punto viene in soccorso della presente ricerca un documentato articolo di Giovanni Vincenti, pubblicato a p. 3 de Il Galatino del 16.09.1988 e intitolato Il cinquecentesco Palazzo Vernaleone, del quale si riportano qui di seguito alcuni brani molto interessanti.
“La famiglia de Mico, una delle più facoltose e prosperose della nobiltà galatinese del Ciquecento, diede inizio alla costruzione di questo palazzo nella seconda metà del secolo: è in tal periodo infatti, che è residente un Marcantonio de Mico, il cui figlio Pompeo è coniugato con Maria Bonuso, figlia ventunenne di don Pietro, e possiede nel 1545 il maggior patrimonio dei galatini residenti stimato in 278 ducati. Alla stessa casata dovè appartenere Vincenzo de Mico, primo arciprete di rito latino, morto nel 1541 […].
Di minor rilievo la famiglia Coletta, importata nel ‘500 da un Raimondo e tra i suoi esponenti annovera alcuni professionisti, come lo speziale Avolio, ma che dai documenti d’archivio non si riesce a legare ai de Mico, mancando alcun contratto di matrimonio.[…].
Tramontate le fortune ed il prestigio della famiglie de Mico e Coletta sul declinare del XVII secolo, il palazzo pervenne…(ai) Vernaleone che non disdegnarono certo lavori di ristrutturazione pur non apponendo il loro scudo araldico sul portale, come era consuetudine del tempo… .
Nella chiave dell’arco del robusto portale bugnato di corso Garibaldi, 30 campeggia lo stemma bipartito delle famiglie de Mico e Coletta, cheab antiquo sarebbero state le prime proprietarie dello stabile.
A questo punto viene in soccorso della presente ricerca un documentato articolo di Giovanni Vincenti, pubblicato a p. 3 de Il Galatino del 16.09.1988 e intitolato Il cinquecentesco Palazzo Vernaleone, del quale si riportano qui di seguito alcuni brani molto interessanti.
“La famiglia de Mico, una delle più facoltose e prosperose della nobiltà galatinese del Ciquecento, diede inizio alla costruzione di questo palazzo nella seconda metà del secolo: è in tal periodo infatti, che è residente un Marcantonio de Mico, il cui figlio Pompeo è coniugato con Maria Bonuso, figlia ventunenne di don Pietro, e possiede nel 1545 il maggior patrimonio dei galatini residenti stimato in 278 ducati. Alla stessa casata dovè appartenere Vincenzo de Mico, primo arciprete di rito latino, morto nel 1541 […].
Di minor rilievo la famiglia Coletta, importata nel ‘500 da un Raimondo e tra i suoi esponenti annovera alcuni professionisti, come lo speziale Avolio, ma che dai documenti d’archivio non si riesce a legare ai de Mico, mancando alcun contratto di matrimonio.[…].
Tramontate le fortune ed il prestigio della famiglie de Mico e Coletta sul declinare del XVII secolo, il palazzo pervenne…(ai) Vernaleone che non disdegnarono certo lavori di ristrutturazione pur non apponendo il loro scudo araldico sul portale, come era consuetudine del tempo… .
(Nel)…primo decennio del Settecento…questa casa palazzata (era) di proprietà di Giuseppe Vernaleone e dei suoi tre figli Donato Antonio, Domenico Santo e Francesco, canonico, (appartenenti ad un) ramo che non è possibile legare prosopograficamente (ovvero con una “ricerca biografica condotta su gruppi di personaggi storici di un certo periodo o di un certo ambiente” – n.d.r.) a quello di Giovanni Paolo Vernaleone senior […] .
Valutato circa duemiladuecento ducati, … il palazzo, passato a miglior vita Donato Antonio, divenne proprietà del fratello Domenico Santo che, avendo già…(nel) 1708 acquistato la parte spettante a Francesco…(che) ancora possedeva il 1754, come risulta dal Catasto Onciario, e vi dimorava con i nipoti D. Pietro Paolo sacerdote di anni 43, Gio.Battista di anni 35 e Domenica di anni 40. […] .” Nonostante nella presente ricerca, a causa della carenza di documenti, ci siano notevoli discontinuità temporali, specialmente per quanto riguarda i periodi “dal 1617 al 1708” e “dal 1754 al 1859”, si è ritenuto opportuno chiederne comunque la pubblicazione, poiché con la stessa (ricerca) si è voluto raccontare il lungo intrecciarsi delle vicende storiche particolari dei membri di un’antica famiglia con quelle generali della Città.
Inoltre con la pubblicazione viene offerta a tutti la possibilità di fare osservazioni e proporre integrazioni, che saranno gradite, in quanto potranno contribuire al superamento delle suddette discontinuità.
Valutato circa duemiladuecento ducati, … il palazzo, passato a miglior vita Donato Antonio, divenne proprietà del fratello Domenico Santo che, avendo già…(nel) 1708 acquistato la parte spettante a Francesco…(che) ancora possedeva il 1754, come risulta dal Catasto Onciario, e vi dimorava con i nipoti D. Pietro Paolo sacerdote di anni 43, Gio.Battista di anni 35 e Domenica di anni 40. […] .” Nonostante nella presente ricerca, a causa della carenza di documenti, ci siano notevoli discontinuità temporali, specialmente per quanto riguarda i periodi “dal 1617 al 1708” e “dal 1754 al 1859”, si è ritenuto opportuno chiederne comunque la pubblicazione, poiché con la stessa (ricerca) si è voluto raccontare il lungo intrecciarsi delle vicende storiche particolari dei membri di un’antica famiglia con quelle generali della Città.
Inoltre con la pubblicazione viene offerta a tutti la possibilità di fare osservazioni e proporre integrazioni, che saranno gradite, in quanto potranno contribuire al superamento delle suddette discontinuità.
Pietro Congedo