lunedì 1 ottobre 2012

"La Biblioteca 'Pietro Siciliani' di Galatina". Una recensione di Ilaria Serra



Dovremmo essere molto grati al prof. Pietro Congedo, per averci donato una pubblicazione sulla biblioteca “Pietro Siciliani”, per diversi ordini di motivi.
Primo fra tutti il fatto di aver regalato ai propri concittadini una storia completa di questa gloriosa istituzione troppo spesso dimenticata e anche troppo poco frequentata. Il lavoro puntuale ed approfondito del prof. Congedo ci guida in quella che dovrebbe essere il fiore all’occhiello della città al pari della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria, per esempio, ma che a modesto parere di chi scrive, sempre troppo poco considerata e valutata.
L’impegno profuso nell’incrementare le raccolte della biblioteca, e parlo di fondi moderni, di chi per tanti anni ha lavorato, ha avuto una parte di riconoscimento proprio nel saggio del prof. Congedo. Un riconoscimento dovuto all’impegno nel valorizzare l’istituzione, di cui il libro ci rammenta una storia pari a quella di moltissime altre biblioteche di gran lunga più note al grande pubblico. Dico al grande pubblico, perché la biblioteca “Pietro Siciliani” agli studiosi è ben nota grazie al suo patrimonio di incunaboli, cinquecentine e manoscritti, come è ottimamente documentato dal libro di Pietro Congedo; ed è piuttosto bislacco che si sia conosciuti a diverse centinaia di chilometri di distanza e non aver avuto, sino ad ora, il giusto riconoscimento nel luogo in cui l’istituzione è nata ed è cresciuta.
L’opera di Pietro Congedo è decisiva per la storia locale, per altri due motivi non meno importanti: il primo per l’approfondita ricerca che si evince, e il secondo perché va a chiudere un percorso dell’autore teso a valorizzare il patrimonio e la storia locale.
Il libro è corredato da una serie di note e da una bibliografia utilissima per chi volesse veramente conoscere la storia della biblioteca, una struttura tale da far immediatamente capire, anche agli occhi meno esperti quale lavoro certosino ed approfondito ci sia stato alle spalle, come d’altra parte per tutti i lavori precedenti di Pietro Congedo dedicati alle istituzioni storiche galatinesi. Ma per quanto il lavoro del prof. Congedo sia storico, certo fa porre una domanda fondamentale: qual è l’uso che se ne fa oggi di un’istituzione così intrisa di storia e significato? Può semplicemente essere il luogo dove, un numero esiguo, per le sue potenzialità, di utenti si rechi prevalentemente per usufruire delle risorse elettroniche presenti? Una biblioteca di tale portata può “ridursi solo a questo? È una domanda che viene spontanea sfogliando le pagine piene di storia del saggio di Pietro Congedo.
Non vorrei tediare il lettore su un argomento che mi sta molto a cuore, ma mi permetto di rammentare in questa sede uno dei principi del manifesto IFLA/UNESCO sulle biblioteche pubbliche del 1994, nella sua traduzione italiana. Il testo è ovviamente divenuto il principio ispiratore delle azioni e dell’identità delle biblioteche di pubblica lettura in Italia e nel resto del mondo, ed esprime una sorta di decalogo della biblioteca, identificando compiti e funzioni, competenze ed ambiti di intervento: “la biblioteca pubblica deve costituire una componente essenziale di ogni strategia a lungo termine per la cultura, per la diffusione dell’informazione, dell’alfabetismo e dell’istruzione”.
Forse, tenendo conto di questo principio, sarebbe arrivato il momento di prevedere una seria ed organizzata promozione alla lettura che darebbe nuova vita alla Nostra istituzione, rendendola più vivace e meno distante da un possibile bacino di utenza di gran lunga superiore a quello attuale. Una biblioteca come la “Pietro Siciliani” non può subire la pressione esercitata dalla società e trasformarsi in un luogo di spaccio di testi parascolastici, di fotocopie di enciclopedie o di stampante di cd rom o peggio ancora luogo di navigazione su internet. Il lavoro del prof. Congedo, proprio per la sua accuratezza e il suo impianto storico preciso, fa conoscere “la vita” passata di un luogo in cui si è fermata una parte della cultura e della storia non solo locale ma nazionale, e per questo motivo dovrebbe a buon diritto rivendicare il proprio posto nella vita della città, un posto che le spetta di diritto e che darebbe impulso alla vita culturale della città. Non è certo questo il luogo per polemizzare sull’educazione – inesistente – dell’utenza, poiché di fronte ad una scuola che nulla fa per educare gli studenti ad un utilizzo proficuo delle biblioteche, che non valorizza il patrimonio del proprio territorio, tant’è che è abbastanza comune trovarsi di fronte neolaureati che non sanno cos’è un catalogo e che conseguono il titolo di studio qualche volta senza averne mai visto uno, l’educazione dell’utenza studentesca dovrebbe essere la prima cosa, propedeutica ad ogni possibile promozione dell’istituzione. La biblioteca dovrebbe essere mostrata nel suo funzionamento di macchina per leggere e contenitore di storie, proprio come fa notare Pietro Congedo, iniziative queste che rispondono alla prima ragione d’essere della “user education” di cui tanto si discute nei congressi internazionali.
Una biblioteca come la “Pietro Siciliani”, prevalentemente improntata sulla documentazione di storia locale, nasce dalla consapevolezza che in una fase di grandi mutamenti sociali, produttivi e urbanistici, un programma per uno sviluppo futuro, condiviso e compatibile, non  può prescindere dalla conservazione e valorizzazione della memoria.
Questa consapevolezza andrebbe condivisa da soggetti diversi, pubblici e privati, che dovrebbero riconoscere la Biblioteca come il luogo deputato all’archiviazione, catalogazione e consultazione di documenti, pubblicazioni e testimonianze legati alla storia della Città di Galatina, agli uomini e alle donne lavoratori e lavoratrici e parallelamente alla storia locale. Ma ovviamente non solo, altrimenti sarebbe un bozzolo chiuso in se stesso di limitata utilità.
La storia locale è fatta dai politici, dagli amministratori, dagli enti e dalle istituzioni, ma anche dai singoli: è importante tenerlo presente e che Amministrazione e cittadini collaborino perché tutto ciò che può documentare la storia e consolidare la memoria locale non venga disperso, ma sia raccolto e diventi patrimonio comune.
Il libro del prof. Congedo, malgrado mi renda conto che sia prevalentemente un accurato studio sull’istituzione, mi fa pensare al tempo stesso a tutto ciò, e me lo fa considerare come uno di quei testi che bisognerebbe poter sempre sfogliare per rendersi conto di che parte della storia si fa parte, di quale è il posto occupato e il peso della storia delle proprie istituzioni.


Ilaria Serra